28 gennaio 2018 - Festa della famiglia


Gesù è venuto per santificare i dolci affetti della famiglia umana e a donare con la sua immacolata condotta e con la virtù di Maria e Giuseppe un modello sublime di vita familiare. Perchè la famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe è santa? Perché dovremmo guardare a loro come riferimento del nostro cammino di vita familiare? Quali sono queste virtù da custodire che loro hanno vissuto per primi?
Credo che non sia opportuno dare per scontato né la santità né la vita di questa famiglia, che non è stata una vita così semplice: Maria fin dall’inizio si trova a vivere un’esperienza straordinaria, Giuseppe deve accettare un progetto completamente diverso da quello che aveva immaginato, il viaggio verso Betlemme e la nascita del proprio figlio in un luogo non ideale o comunque non quello pensato, la fuga in Egitto e il ritorno, la vita nascosta a Nazareth, un paese insignificante… non è stata certo la vita di una famiglia come quella che ci descrive la pubblicità, oppure qualche saggio che dice come dovrebbe essere una famiglia. La storia di questa famiglia ci dice che ci sono delle virtù, cioè dei modi costanti di vivere la vita, che fanno in modo che ogni evento, sia lieto sia triste, possa essere vissuto con la pienezza della propria umanità. Queste virtù sono quelle che Gesù poi illustrerà con tutta la sua vita a dirci che Gesù impara da Maria e Giuseppe quello che poi, attraverso la grazia che gli viene dalla comunione col Padre, ci rivelerà. La prima di queste virtù è la fede, è il «sì» di Maria, è il «sì» di Giuseppe, come a ricordarci che l’esperienza della fede non è qualcosa che si appiccica alla vita ma è ciò che rende la vita autentica. Il cercare di rispondere al disegno di Dio sulla propria vita non è la sottomissione a un despota ma è il desiderio di vivere in pienezza quell’amore che è stato pensato e voluto per noi. È la speranza di poter contare sull’aiuto di Dio pur nella fatica di un viaggio che non si sapeva come sarebbe andato, non si poteva immaginare cosa sarebbe stato l’arrivare in Egitto. La speranza di chi dice “Dio non mi abbandona, comunque sia attraverso qualsiasi strada percorrerò io non sarò solo”. La carità di chi si prende a cuore questo figlio, del quale non si conosce davvero il destino, quello che sarà, del quale si impara a riconoscere la presenza di Dio, ad amarlo così com’è anche quando si rivela come molti dei nostri preadolescenti e adolescenti che a un certo punto inizia a pensare di poter fare di testa propria. L’episodio che abbiamo ascoltato oggi ci ricorda non certo l’incuranza di Maria e Giuseppe ma come ogni persona all’interno della famiglia ha una identità, una sua unicità e solo nella comprensione, nell’accoglienza, nella carità verso ciascuno si può crescere in una comunione che diventa quotidiana fedeltà e stupore della bellezza che è nella vita di tutti. Queste virtù, che noi chiamiamo teologali, che ci riportano nel cuore di Dio si declinano poi nell’umiltà di Maria che dice “io sono la più piccola, una tapina, e tu viene da me” e si fida. È l’umiltà di Giuseppe che si vede stravolta la vita e dice “sì, mi fido”. È l’umiltà sempre di Maria che non comprende tutto subito ma con pazienza custodisce nel cuore, perchè sa che ci sono tempi lunghi per comprendere il bene, il vero, il bello, il giusto, che non tutto brilla subito della sua importanza, della sua bellezza. Maria custodiva tutto nel cuore, anche quello che non comprendeva come «perchè ci hai fatto questo? Tuo padre ed io angosciati ti cercavamo».
Così quanti genitori possono rileggere dentro qui il desiderio di bene per i propri figli e lo smarrimento davanti ad alcune situazioni in cui non si riesce a capire cosa fare. Poi la giustizia. Giuseppe è l’uomo giusto, cioè l’uomo che si affida alla Parola di Dio e la fa diventare guida al proprio cammino, perchè nel diritto Giuseppe poteva ripudiare Maria ma nella parola, nell’ascolto di Dio sceglie di diventare il suo sposo, o meglio di rimanere il suo sposo. Ciò che è bellissimo è che prima di tutto Maria ci è presentata come la sposa di Giuseppe. È dentro questa dinamica di amore tra un uomo e una donna che si pone la presenza di Cristo. Noi dobbiamo essere stupiti di questo progetto di Dio che, comunque sia, anche laddove ci dovesse essere la più estrema volontà di metterlo in discussione, è scritto nel cuore di chi sa ascoltare chi è veramente se stesso.
Noi oggi non siamo qui a celebrare una storia lontana, a difendere dei valori contro i nemici. Siamo qui a ridire che l’origine della vita sta nel cuore di Dio e che lui ha scelto di donarsi a noi affidandosi all’amore di una madre, alla premura di un padre.
Chiediamo al Signore, allora, di saper gioire di tutto questo, di saperlo offrire e proporre con umiltà ma anche con fermezza e chiediamo al Signore che ogni famiglia, custodendo la fede, la speranza, la carità nell’umiltà e nella pazienza, scelga di vivere la giustizia, cioè l’affidamento alla volontà di Dio come strada per il proprio cammino di santità. Sono certo che non avremo allora questa santa famiglia, ma come abbiamo già avuto, avremo ancora tante sante famiglie.

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