11 marzo 2018 - IV di Quaresima


Non ha un nome, non ha un volto, non ha un’età, l’unica cosa che sappiamo di lui è che è cieco dalla nascita e tremendamente solo, perchè i suoi genitori non si occupano di lui, perchè la gente intorno a lui lo considera un mendicante, uno che vive di espedienti, di quello che gli altri gli offrono, perchè nella tradizione giudaica la malattia era conseguenza del peccato e per uno che nasce cieco dalla nascita la condanna è chiara. Qualcuno della sua famiglia ha commesso un errore così grave perchè lui sia punito. È solo anche perchè Dio gli è estraneo. Quest’uomo vive ai margini del mondo, somiglia a tanti del nostro tempo che non hanno volto, non hanno età, che vivono degli avanzi degli altri, che si sentono rifiutati anche da Dio. Gesù, senza che quell’uomo chieda nulla, si fa vicino e compie un gesto che immediatamente ci può sembrare stranissimo, quasi un’ingiustizia: chissà quante volte quell’uomo avrà ricevuto insulti, chissà quante volte sarà stato allontanato in malo modo, chissà in quante occasioni avrà sentito una parola su di lui. Questo Maestro invece viene e gli spalma del fango sugli occhi e gli dice «Va’ a lavarti». Come fare? Chi lo può condurre? Chissà intorno tutti che ridono, che pensano che sia un altro scherzo! Invece qualcuno lo accompagna, lui decide di andare e quando ancora è tutto buio quella fiducia diventa luce.
Così quest’uomo, che non ha un volto, non ha un’età, non ha un nome ci assomiglia perchè la fede non è mai un atto magico e non è neanche un evento che arriva e ce l’abbiamo per sempre. Va custodito in una fiducia che si rinnova sempre, anche quando pare che il mondo sia buio per una sofferenza, per un’incomprensione, per un lutto. Il cieco nato ci è simpatico perchè il suo raccontare ha solamente la gioia di dire a tutti quello che gli è capitato. Lo ripete continuamente e ha come unico desiderio che anche gli altri si accorgano che quell’evento è bello, che non importa che sia accaduto di sabato, che non importa che vada contro una tradizione che se non è per l’uomo non può essere da Dio. Intorno a lui invece si crea un clima di sospetto: tutti tramano e anziché godere della gioia di quest’uomo, del condividerla, del sentire che una novità riguarda lui e tutti, si chiudono sempre di più. E mentre lui dice che è il profeta, forse il Cristo, è il Signore, coloro che pensano di sapere e vedere già tutto lo allontanano, lo buttano fuori. Ma Dio, in Gesù ci ha mostrato che nessuno è uno scarto e che se gli uomini scartano qualcuno lui va a prendere proprio loro e li riplasma e ridona loro quella vita della grazia che proprio nel battesimo è lavare via tutto ciò che è inutile, quella grazia che si rinnova ogni volta che abbiamo l’umiltà di andare a chiedere scusa per non essere stati capaci di custodire il suo dono, per essere stati pigri, mediocri, per aver scelto di seguire altre vie, per esserci dimenticati di lui, per aver messo prima di ogni altra cosa il nostro interesse, il nostro benessere, un po’ come sempre la Scrittura ci insegna è all’origine del peccato. La sfiducia nei confronti di Dio. Così Gesù ci dice la malattia non è il frutto del peccato e io sono venuto a riconciliare coloro che credono che Dio sia cattivo perchè punisce e coloro che non credono in Dio perchè nessuno ha permesso loro di farne esperienza.
Vorrei essere come quest’uomo che si fida e che paga a caro prezzo il suo decidere che quel gesto sia per lui inizio di una vita nuova. Vorrei assomigliare anche io a quest’uomo, finalmente liberato da questa volontà di accontentarmi dell’elemosina per essere protagonista della mia vita. Vorrei una fede che è capace di far brillare gli occhi e di riscaldare il cuore. Vorrei che coloro che mi ascoltano possano sentire che il mio credere in Dio riempie tutta la mia vita, che il riconoscerlo come il Signore non è il frutto di una stanca tradizione, di un’abitudine  ormai consueta di chi non sceglie più. Vorrei ancora che il Signore riplasmasse in me i lineamenti della sua grazia, che mi chiedesse ancora di fidarmi come nel giorno in cui i miei genitori si fidarono regalandomi il Battesimo. Vorrei che la mia vita quotidiana fosse racconto di quello che il Signore compie per me.
Siamo nel cuore della Quaresima, abbiamo ancora del tempo per possiamo orientare così la nostra esistenza. Non si tratta di fare tante cose, si tratta però di avere una fede che davvero prova a orientarsi verso il Vangelo. Così, anche se non faremo cose straordinarie, nella fedeltà quotidiana dei piccoli gesti scopriremo che il Signore è presente e scopriremo che la nostra testimonianza può scaldare il cuore di qualcuno, può aiutarlo a vedere ciò che ora sembra troppo oscuro, può aiutarlo a scoprire che c’è un messaggio buono anche per lui. La Quaresima è conversione del cuore perchè noi possiamo mostrare ad altri la vita. Come sarebbe bello che anche ciascuno di noi potesse dire di sé, come abbiamo ascoltato nella prima lettura, «il Signore parlava con Mosè faccia a faccia come uno parla con il proprio amico».

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