Giovedì Santo


Con il tramonto di questo giorno, Giovedì Santo, ha inizio il Triduo Pasquale, questi giorni che chiamiamo santi, di Dio, distinti dagli altri, e chiamiamo autentici perchè nessuno li può inquinare. Giorni nei quali noi cristiani ci fermiamo e con più intensità meditiamo, celebriamo, riviviamo il mistero centrale della nostra fede. Gesù entra nella sua missione, conosce la morte, la sepoltura, il terzo giorno è risuscitato dal Padre, in quella forza di vita che è lo Spirito Santo.
Credo che tutti noi, almeno una volta, ci siamo domandati: ma questo evento della Passione di Gesù era dovuto al caso, al destino? Perchè Gesù ha conosciuto la condanna, la tortura, la morte violenta? Era diventato nemico di coloro che avevano il potere; gli ultimi segni da lui compiuti lo mettevano nella condizione di favore presso quel popolo che in realtà, però, lo seguiva unicamente perchè, come spesso accade, si è opportunisti nello scegliere di seguire chi immediatamente ti offre un po’ di pane, un po’ di benessere. Quegli uomini avevano paura di Gesù, un uomo mite, un uomo buono. Dalle sue labbra non era mai uscita una parola di condanna, eppure era diventano nemico e trovavano in tutti i modi l’occasione per ucciderlo, non durante la festa però perchè avevano paura di un tumulto. Così, come è dura la realtà di un amico che tradisce, che fa in modo che la situazione scappi di mano e che allora la morte di Gesù non sia un destino cieco, un caso. Ma forse anche qualcuno di voi si è domandato: ma perchè noi in ogni Eucaristia ricordiamo, riviviamo la morte di Gesù? Perchè non ricordarci delle sue belle parole? Perché non fermarci a contemplare unicamente quei momenti di grande successo? Perchè dobbiamo ritornare sempre lì? È proprio vero che Dio si può nascondere in un pezzettino di pane? È proprio vero che quel segno, così fragile, così insignificante possa custodire Colui che è all’origine della creazione? Se questo è vero noi non potremmo mai stancarci di Lui, noi non potremmo mai stare lontani da Lui.
In questi giorni porto dentro anche la domanda di un amico prete che, dopo tanti anni, mi dice: ma io quante comunioni ho vissuto? E quanto poco ho parlato con Gesù dentro di me? Oppure la riflessione amara di un papà che dice: se io devo fidarmi di questi testimoni, di questi presbiteri nella Chiesa, faccio fatica perchè il Vangelo mi parla di un’altra cosa, mi parla di un Dio che sceglie l’uomo, tutto l’uomo, e vuole fare con lui un’alleanza eterna, che non abbia più bisogno di nessun sacrificio se non del Suo.
Porto nel cuore tutte le domande che mi vengono all’esperienza che quotidianamente vivo di incontro con le persone e le porto in questa Eucaristia perché vi ritrovo anche l’origine del mio ministero, perché mi invita a guardare con stupore a quello che sta accadendo nella vita dell’amico don Andrea, perché anche io da tanti anni celebro questo mistero e mi domando quanto parli al mio cuore, quanto sia capace di trasformarlo costantemente, quanto io abbia compreso che cosa significhi che Dio sceglie me come luogo dell’incontro, del dono.
In questa Quaresima, durante gli esercizi spirituali, don Giacomo ci ha invitato a leggere la Scrittura, a trovare il tempo ogni giorno di andare alla Scrittura, questo perchè la Bibbia la si legge con la Bibbia e la parola di Dio, poiché è di Dio, illumina il cammino e quella Parola che può immediatamente rimanere oscura, in quel tempo invece si illumina proprio perchè l’ascolto trasforma il cuore perchè uno diventa ciò che ascolta. E così, leggendo la Scrittura, scopro che l’Eucaristia non è un’invenzione della Chiesa, non è una struttura della Chiesa ma è il rinnovarsi di un gesto, è il ripetersi di una Parola, è un gesto che Gesù ci ha consegnato e che noi ripetiamo. Paolo dice «quello che io ho ricevuto lo trasmetto», non invento nulla, nessuno si è inventato nulla. È quello che Gesù ha fatto. In quella cena, in quella sera in cui tutte le relazioni erano ormai rotte - Giuda aveva nel cuore la divisione che lo avrebbe portato a consegnarlo, a tradirlo; Pietro vive la confusione di chi dice “io morirò con te” e poco dopo invece “non lo conosco”; gli altri che si mettono a discutere di chi tra loro fosse il più grande per poi abbandonarlo -, in quel momento, in quella notte Gesù sceglie di compiere il gesto del totale dono nel costituire l’eterna alleanza. Dove la parola “alleanza” l’abbiamo ascoltata tante volte leggendo le pagine della Scrittura, nel primo testamento: l’alleanza che Dio continua a proporre, che l’uomo rompe e lui continua a proporre, con una tenacia, con un’insistenza, con una volontà estrema. Ci insegna che l’alleanza non è tra due che si mettono d’accordo ma che è la volontà di Dio di essere dalla parte dell’uomo sempre, nonostante tutto, nonostante il suo amico, i suoi amici gli dicano no. Il gesto lo conosciamo bene: Gesù prende il pane, è un dono che anche lui riceve da Dio, rende grazie, fa Eucaristia e poi lo spezza, lo condivide a ricordarci che essere Chiesa è essere popolo di uomini e donne che intorno a un tavolo condividono la vita; che l’Eucaristia non è un premio ma è un dono ed è tale nella misura in cui io ne faccio parte ad altri. Mi appartiene nella misura in cui io lo dono, non lo trattengo per me. La comunione è alleanza intorno a Colui che dà la vita e la spezza. Questo pane spezzato come riporta a quel cuore spezzato! E poi il calice della nuova alleanza, dell’eterna alleanza: il Sangue, la vita stessa. E non solo quello della croce ma quello di tutta la vita di Gesù. È tutta la vita di Gesù che è servizio ed è tutta la vita di Gesù che è condivisione del pane con i peccatori. Tutti coloro che lo incontrano non sono persone degne, giuste, sante ma sono tutti peccatori, così l’Eucaristia non è il premio per i giusti ma è l’ostinata volontà di Dio di dirci che lui vuole essere la nostra vita. Dalla notte del tradimento fino all’alba della gloria noi continueremo a celebrare questo segno che ci supera, che non riusciremo mai a meditare a sufficienza, che non riusciremo mai a contenere, per quanto diventi cibo perchè l’Eucaristia ci fa diventare la stessa vita di Gesù, perchè ricevere l’Eucaristia significa partecipare della vita di Gesù, entrare in una dinamica spirituale per cui la mia vita diventa segno della presenza di Gesù.
Essere degni o non degni non passa assolutamente attraverso una situazione morale, di comportamenti ma passa attraverso il riconoscere che nell’Eucaristia c’è la presenza di Dio, il dono di Dio, la sua vita.
Le tante domande che ho nel cuore, allora, rimangono, la risposta è solamente Gesù e il tentativo di vivere la mia vita nella mia condizione di presbitero, di servo della Parola e dell’Eucaristia sta nel fatto di cercare di non sciupare mai questo dono, di non sentirmi mai giusto o degno di celebrarlo o di riceverlo ma di essere sempre abbastanza umile per farne parte a tutti, desiderando che a spezzare non sia solamente il Pane ma la mia stessa esistenza, che ad essere versato non sia solamente il Sangue di Cristo ma la mia stessa vita. Questo non vale solo per me. Vale per ciascuno di noi.
Preghiamo allora il Signore perchè quello che celebriamo questa sera sia capace di alimentare davvero il nostro desiderio di comunione con Lui; che l’alleanza sia per noi una parola che diventi sempre più cara e che comunione sia il desiderio che custodiamo ogni giorno. Allora, sono certo, ci metteremo a parlare con Gesù quando Lui entrerà nella nostra vita, quando avremo la possibilità di venire ad incontrarlo, quando decidiamo di avere del tempo per Lui gli parleremo e scopriremo che innanzitutto Lui ha una parola per noi ed è rendimento di grazie per la nostra vita e desidera che sia in comunione con Lui. Il Vangelo non parla tanto del peccato ma della sua conseguenza. A Gesù sta a cuore la nostra condizione di uomini lontani da lui, per questo l’Eucaristia è farmaco, è pane del cammino; per questo ogni volta che noi viviamo realmente l’Eucaristia diventiamo un pochino più Lui e quindi ci allontaniamo dal male e quindi lottiamo contro ogni forma di male. Che il Signore ci doni la grazia di vivere così l’incontro con lui.

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