4 marzo 2018 - III di Quaresima


Tra i brani di Vangelo della Quaresima che si ripetono sempre uguali, quello della terza domenica ci risulta il meno simpatico, quello che facciamo più fatica a seguire. Anche il dialogo tra Gesù e i giudei è faticoso e pertanto il rischio è quello di fermarsi su qualche espressione, quella che ci è immediatamente più facile da comprendere, perdendo di vista il quadro.
Ciò che è decisivo è che questi giudei inizialmente erano affascinati da Gesù, anzi Giovanni dice «erano coloro che gli avevano creduto» ma poi cambia qualcosa quando Gesù chiede a loro di fare un salto di qualità, di abbandonare le loro tradizioni, le loro convenzioni per aprirsi a una novità, per mettersi in ascolto, come a dirci che non basta aderire con una sorta di fascino anche nei confronti del Vangelo - questa parola ci piace! -, come accade a tanti uomini e donne che sono lieti del Vangelo, lo conoscono e a volte lo leggono anche più di noi ma poi la loro adesione non avviene attraverso l’ascolto. Non è sufficiente sapere qualcosa del Vangelo, sapere qualcosa di Gesù per credere in lui. Si può aderire con la mente, dire “sono cristiano” ma non con il cuore. Gesù conduce questi uomini a comprendere che lui non è solamente un profeta, un maestro che ha una parola innovativa, un uomo che ha dei poteri straordinari, arriva a dire di sé il nome di Dio. Quando Mosè nel roveto incontra Dio gli chiede «Ma chi devo dire che mi manda al faraone? Qual è il suo nome?» e dal roveto la voce dice «Tu dirai: io sono colui che sono». Dire io sono alle orecchie dei giudei suonava subito come un’affermazione blasfema, una bestemmia. Eppure Gesù chiede a loro di fare questo passo, non solo di essere ammirati, affascinati, pensare di credere ma aderire con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta l’anima, con tutta la propria libertà. Solo questo permette di non essere schiavi del peccato, peccato che è una realtà non sempre evidente. Noi pensiamo che i peccati siano quelli che vanno contro i comandamenti e che sono eclatanti e da quelli riusciamo anche a stare lontano. Ma il peccato più grande è la sfiducia nei confronti di Dio: io posso fare a meno di te, io posso vivere benissimo la mia vita conducendola ogni giorno cercando di barcamenarmi in tutte le situazioni, adattandomi alle varie esigenze, non avendo la forza e il coraggio di dire la mia fede in ogni situazione. Così, anche per chi ha creduto, anche per chi compie dei gesti religiosi il rischio o la tentazione è sempre quello di crearsi una morale laica, un modo di comportarsi dove giustifichiamo di volta in volta comportamenti che fanno in modo che la nostra vita non risplenda, come un segno di novità così che chi ci incontra non dica “c’è qualcosa di bello, di nuovo, di vero”. È la verità che fa liberi ma questa verità sembra in questo tempo non accessibile perché ce ne sono tante; ognuno ha la sua verità e con argomenti e, a volte, fatti persuasivi ce la propone. Gesù si propone con un Vangelo che è lui stesso, che ci chiede di percorrere la via della croce, che non è semplice: la Quaresima ci porta a vivere i giorni della passione. Questo cammino non è facile, non è neanche desiderabile, ma neanche Gesù ha scelto la croce come l’oggetto del suo desiderio. L'ha portata e ci invita a portarla come forma di ribellione, di lotta contro ogni forma di male. Solamente quando io decido che lui faccia parte della mia vita posso fare questo. Molti cristiani pensano che essere cristiani sia una coincidenza legata alla nascita in questo Paese, a una tradizione…. Tanti si chiedono se sia questa davvero la strada della salvezza, se questa sia davvero la Verità quando alle porte delle nostre case bussano persone con molte proposte diverse da farci, a volte più interessanti, che guardano all’introspezione, all’agire sociale. Se noi avessimo l’umiltà di ascoltare il Vangelo, di viverlo di più, di fare in modo che le tradizioni, le abitudini, i modi di comportarsi fossero sempre più secondo il cuore di Gesù scopriremmo che non abbiamo da rivendicare una verità contro gli altri ma di essere così lieti del nostro credere in Gesù da diventare noi per primi lieti testimoni di questo Vangelo. Non possiamo stare lontani da lui, non possiamo evitare di ascoltare il Vangelo, di chiedere perdono, di nutrirci di lui altrimenti sì, piano piano, come ogni cosa che non custodiamo e non alimentiamo, perde di intensità, si spegne, non riscalda più. Abbiamo bisogno sempre di un po’ di calore e sempre lo cerchiamo da qualche parte, sempre ansiosi di trovare casa. Gesù oggi ci dice “chi ascolta la mia parola conosce la Verità, sarà libero, non schiavo del peccato ma figlio. Io sono venuto a portarvi la condizione per cui la vita può essere vissuta da oggi, da adesso, da risorti”. Coloro che sanno rialzarsi, che vengono rialzati, ma lo schiavo - lo sappiamo bene - invece è sempre costretto a stare chinato per terra a servire il suo padrone. Il peccato è così: ci costringe a non essere quello che siamo.
Chiediamo al Signore il coraggio dell’ascolto, che fa nascere in noi il desiderio sempre più autentico di essere come lui. Allora anche noi potremo diventare testimoni lieti e credibili della presenza del Signore e non avremo la preoccupazione di convertire gli altri ma solo noi stessi, sapendo che questo sarà sufficiente a creare nel cuore di chi ci incontra a domanda decisiva “ma questo Gesù chi si crede di essere tanto da poter dare forma alla vita, tanto da poterne diventare il senso?”.

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