18 marzo 2018 - V di Quaresima
«Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me anche se muore vivrà. Chiunque vive e crede in me non morirà in eterno. Credi questo?». Il fondamento della fede cristiana è proprio questo: credere nella Risurrezione e nella vita eterna, credere che Gesù è il Risorto, che Gesù, il Dio-con-noi, è colui che muore e risorge, è colui che dona la vita, tutti quanti si affidano a lui pongono la propria fiducia e la propria speranza in Lui. Eppure non sono pochi coloro che si dicono cristiani e nutrono dei dubbi sull’eternità, sulla vita eterna: davvero ci sarà qualcosa dopo la morte? D’altra parte chi mai è venuto a raccontarci qualcosa di quella realtà? Assomigliamo molto a Marta, una delle sorelle di Lazzaro: quando Gesù arriva gli va incontro e dice delle parole bellissime, esprime il suo dolore, una fiducia quasi tradita «Se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto»; ma poi dice «Qualunque cosa tu chieda a Dio io sono certo te la concederà». Una professione di fede straordinaria! Quando poi Gesù le chiede se davvero lei crede che Lui sia la Risurrezione e la Vita, Marta risponde «Si, Signore. Io credo che tu sei il Figlio di Dio, il Cristo, colui che viene nel mondo». A parole noi diciamo questo tutte le domeniche - Credo la risurrezione della carne, la vita eterna - ma poi nella quotidianità non viviamo con questa fiducia nel Dio risorto e così la fatica di vivere, l’esperienza della sofferenza e della morte ci confondono, ci mettono nella condizione di perdere fiducia e speranza. La fede non è un atto magico e neanche una sorta di protezione da qualsiasi tipo di pericolo. Gesù davanti alla morte di Lazzaro piange, si commuove profondamente, non è indifferente alla sofferenza di chi gli sta intorno ma questo non gli impedisce di credere fermamente che il Padre gli ha dato tutto ciò che è necessario perchè lui possa ridare la vita, perchè lui possa donare la vita e così la risurrezione di Lazzaro è anticipazione della sua risurrezione, dono della vita che poi risorge dalla morte. Ma come fare perchè questa professione di Fede ci appartenga, diventi nostra? Che non assomigli la nostra fede a quella di Marta, che quando sente dire da Gesù togliete la pietra subito obietta no! Non è possibile. Dopo quattro giorni chissà cosa troviamo. Lei che poco prima aveva detto «Qualsiasi cosa chiederai a Dio, Dio te la concederà». La fede non è sufficiente dirla, è necessario viverla. Nel Vangelo c’è una strada, c’è una figura che ci dice qual è il modo in cui noi possiamo crescere nella fede nella risurrezione. L’altra sorella, Maria non gli va incontro all’inizio, ma appena lo fa si mette ai suoi piedi, esprime il suo dolore «Signore, se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto» e poi tace. Maria è la stessa che nella casa di Betania, in un altro contesto, si era messa ai piedi di Gesù, mentre Marta era affannata in mille faccende e a un certo punto proprio Marta dice e allora? Neanche tu ti rendi conto che Maria mi ha lasciata da sola a fare tutto? E Gesù risponde Marta, Marta, tu ti affanni nel fare molte cose ma una cosa è importante: ascoltare la mia Parola e viverla. Di conseguenza tutto quello che farai sarà illuminato da quella parola, sarà illuminata dal mio modo di vivere la vita. Maria è colei che sta ai piedi di Gesù, colei che non obietta, colei che si affida. È singolare che si dica che «molti dei giudei che andarono da Maria credettero in lui» come a insegnarci che la strada perchè noi impariamo ad affidarci a Dio passa attraverso l’ascolto della Parola e la preghiera, il silenzio. Altrimenti la fatica di vivere, la sofferenza e la morte, possono portarci via da quel profondo desiderio di essere in comunione con il Signore. Chiediamo allora oggi che il Signore rinnovi in noi, attraverso la sua grazia, la nostra fiducia in Lui, risurrezione e vita. Ma anche disponiamo il nostro cuore di più al silenzio, all’ascolto e alla preghiera. Non c’è altra via per andare in profondità, per entrare nel mistero di Dio, per accogliere il Signore che si propone come l’unico che ha da annunciare questo: «Io vinco la morte», altrimenti tra pochi giorni sarà Pasqua e vivremo quel giorno non come il cuore della nostra fede, non come il giorno più importante di tutto l’anno, il motore del nostro esistere, del nostro scegliere, del nostro vivere e del nostro amare. Anche perchè noi cristiani abbiamo ricevuto il dono di credere che tutto ciò che io compio nella mia storia ed è in comunione con Dio è già eterno, lo ritroverò tutto nell’eternità; ogni gesto d’amore che io compio è anticipazione dell’eternità, per questo in ogni eucaristia noi celebriamo la Pasqua di Gesù, la sua morte e la sua risurrezione. Per questo veniamo almeno ogni domenica a celebrare il mistero dell’amore di Dio in Cristo Gesù. Davvero il Signore rinnovi in tutti noi il desiderio di una professione di fede autentica, perché quando diciamo «Io credo la risurrezione della carne e la vita eterna» queste parole corrispondano realmente a quello che viviamo.
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