18 dicembre 2019 - NON TEMERE! DIO VUOLE LA TUA SALVEZZA
Una seconda parola ci è stata consegnata dal nostro Arcivescovo nella celebrazione eucaristica di lunedì: NON TEMERE! DIO VUOLE LA TUA SALVEZZA.
Vorrei chiedervi di trovare significati nuovi alla parola salvezza, mi interessa capire che cosa significhi veramente “ma tu Signore dì soltanto una parola e io sarò salvato”, voglio che questa parola sia carne e sangue nell’oggi della mia storia e non solo proiezione verso il futuro.
L’immagine che mi sta più a cuore è quella della creta nelle mani del vasaio, perché mi ritrovo descritto nella fragilità della terracotta, terra, umanità… impasto di terra e di soffio divino. Fragile recipiente di una grazia sovrabbondante, fragile custode di una ricchezza sempre sconosciuta… fragilità che significa anche frattura, rottura. E cosa è il male se non una rottura del bene, e cosa è il peccato se non una frantumazione della mia capacità di accogliere tanto da non sentirmi più degno di Dio: “Signore non sono degno che tu entri in casa mia, dì soltanto una parola che mi salvi”, che mi ricomponga, che mi renda di nuovo accogliente, così come sono con le mie ferite, medicate dalla tua misericordia. È interessante sapere che i quando i giapponesi riparano un oggetto rotto, valorizzano la crepa riempiendo la spaccatura con dell’oro. Essi credono che quando qualcosa ha subito una ferita ed ha una storia, diventa più bello. Mi pare che anche questa immagine mi aiuti a scoprire chi sono in verità. Donami Signore di fare esperienza di un perdono che sia riconoscere che tu c’entri con la mia vita, tutta la mia vita anche dei tratti ci cui mi vergogno, anche dei peccati che non avrei voluto commettere, anche dei compromessi di cui non so liberarmi. Donami Signore di credere che tu sei la Salvezza della mia vita ferita, resa ancora più bella dal tuo perdono, perché il tuo nome è Gesù, Salvatore.
Come Zaccaria rendimi muto perché neppure una parola di sfida esca dalla mia bocca quando oppresso dal dolore grido “dove sei Dio”? Quando sfinito dalla delusione mi lamento e sussurro “ma perché non intervieni, perché non mi fai giustizia”? Per un tempo, che è la gestazione di una nuova vita, rendimi muto perché nel silenzio di un cuore accogliente coltivi parole di fiducia nella tua presenza che è gioia, di speranza nella tua presenza che è provvidenza, perché al momento opportuno sappia dire l’unico nome nel quale c’è salvezza: Gesù, Salvatore!
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