12 marzo 2020 - Elemosina: stare accanto con umiltà
Gen 16,1-15; Sal 118,49-56: «La tua parola, Signore,
è verità e vita»; Pr 6,20-29; Mt 6,1-6
Dobbiamo riscoprire il valore dell’elemosina, dell’intervento immediato, che non pretende di risolvere tutto, ma fa quello che è possibile al momento. Può essere un gesto ambiguo. Può incoraggiare la menzogna e la pigrizia di chi lo riceve, mentre in chi lo compie può far nascere l’idea di sentirsi a posto, senza andare alla radice dei problemi. Nel fare l’elemosina, quindi, è necessario un grande realismo, e soprattutto bisogna che essa diventi il surrogato di altri interventi più completi ed efficaci. Pur con questi rischi l’elemosina, contiene molti valori.
Anzitutto è un gesto di aderenza alla realtà. Anche nella nostra civiltà ci sono situazioni di povertà difficilmente individuabili e sanabili a livello sociale. Anzi proprio alcuni meccanismi della nostra società del progresso e del benessere tendono a produrre disadattati, emarginati, asociali. Occorre certo intervenire perché i meccanismi siano corretti così che non producano effetti negativi; o perché, una volta prodotti tali effetti, si trovino rimedi a livello sociale. Intanto però bisogna fare qualcosa. La carità suggerisce quello che di volta in volta si può fare.
È proprio in questo fare qualcosa, sapendo che molto di più andrebbe fatto, si va delineando un secondo valore dell’elemosina. Essa è un gesto profetico ed educativo. Proclama che nessuna civiltà terrena per quanto perfetta, può risolvere tutti i problemi: solo Dio, con la venuta finale del suo regno, tergerà ogni lacrima e farà cessare ogni lutto, pianto e dolore. In questa luce elemosina ci educa ad avvicinarci ai fratelli con molta umiltà, non sentendoci superiori a loro, ma chiedendo scusa perché riusciamo a fare così poco per loro. Inoltre ci educa a capire il vero valore della carità: essa vale per se stessa, non soltanto o soprattutto per i frutti che produce.
Carlo Maria Martini
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