Paura di tornare a chiudere o desiderio di aprire?
Viviamo la giornata del mandato missionario, l’andare in tutto il mondo ad annunciare il Vangelo, in un tempo che è caratterizzato dalla paura di partire, di andare verso l’altro per il timore di portare o ricevere questo virus che sta cambiando costantemente il nostro modo di vivere. Viviamo nell’incertezza di decreti e note di comportamento che paiono destinate a cambiare di giorno in giorno. Temiamo di tornare ai giorni tristi che hanno caratterizzato l’inizio della primavera. Ci addolora conoscere dell’aumento dei contagi, del numero impressionante dei morti. Teniamo nel cuore la preoccupazione per le persone che anziane o malate sono più esposte al pericolo di un contagio. Cerchiamo di essere noi per primi custodi delle regole di comportamento che ci vengono chieste per arginare la diffusione dell’epidemia. Chiudere appare essere la strada per la salvezza.
Ma possiamo anche scegliere la via dell’aprire il cuore ad una rinnovata speranza, del provare a ridare al cuore i motivi per i quali vivere con intensità la vita, dell’abbandonare il coro dei facili e sterili lamenti per cantare la gratitudine per il dono della vita. Questo è l’annuncio di Vangelo che ogni fedele laico cristiano può portare oggi nel suo ambito di vita. La missione è occasione per testimoniare che essere cristiani nel mondo, è partecipare delle vicende della storia con un atteggiamento di fiducia e di speranza che riveste ogni parola, ogni gesto, ogni proposta, ogni giudizio, ogni progetto, ogni iniziativa dell’amore di Cristo che è gratuità, dono, servizio, apertura al bene che è l’altro da me, perché ho scoperto che il Dio di Gesù Cristo è il Bene per me.
La prima apertura è nei confronti di Dio, Trinità d’amore. Possiamo cercarlo nel silenzio del nostro cuore, pregarlo nelle nostre case, conoscerlo attraverso letture, trasmissioni radio e video, ma la fede cristiana è fondamentalmente esperienza di Comunità: celebriamo insieme la Santa Messa. Nell’osservanza delle norme di sicurezza non perdiamo la possibilità dell’incontro con il Signore e con la fede dei fratelli e delle sorelle che con noi condividono la fiducia e la speranza nel Dio della vita.
L’esperienza del perdono celebrato nel sacramento della riconciliazione è dono che cambia progressivamente il cuore e lo rende grato, umile e paziente. Grato per i doni di Dio riconosciuti a partire dalla propria debolezza, umile per la comprensione dell’impossibilità a bastare a noi stessi, paziente nel riconoscere il proprio limite e quello degli altri non come condanna, come squalifica ma come occasione di costante ricerca della nostra autenticità.
L’ascolto quotidiano della Parola di Dio è lampada per il cammino della vita: nessun giornalista, nessuna showgirl, nessun opinionista, nessun comico, nessuna fiction o documentario ha parole di vita eterna, e se non possiamo fare a meno di ascoltare le parole degli uomini non dimentichiamoci della Parola di Dio, per un’ora di parola degli uomini 6 minuti di Parola di Dio.
Ma possiamo essere aperti a Dio solo se realmente lo siamo nei confronti dei nostri fratelli. Questo tempo ci insegna che la vita è fragile, incerta non abbiamo tempo di coltivare rancori, risentimenti, dispetti... recuperiamo una relazione interrotta, mettiamo un punto di fine ad un contenzioso che amareggia il cuore, impegniamoci a conoscere meglio chi abita vicino a noi.
Possiamo vivere nella paura e chiudere o vivere nella gratitudine e “aprire”.
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