Cara Sabina...

Due mesi fa ci lasciava Sabina al termine di una breve e violenta malattia. Nel proporre l'omelia del giorno delle esequie il semplice desiderio che il tempo non passi senza un pensiero consolante per chi per quella morte soffre molto. A chi avrà la bontà di leggere queste parole chiedo la grazia di una preghiera.

Omelia nelle esequie di Sabina 

Casciago 6 ottobre 2022


Sono rimasto lontano dalla pace, ho dimenticato il benessere.

Siamo tutti qui con tante domande. Chi è credente nel Dio di Gesù Cristo alza a lui la voce dell’incomprensione e spontaneamente ripete “perché? Non è giusto! A cosa sono servite le mie preghiere? Dov’eri nel momento del dolore, dove sei ora? Non è giusto”. Sono certo che Dio ascolti queste nostre parole e le senta come una preghiera. 

È scomparsa la speranza che mi veniva dal Signore. 

È questa l’esperienza che facciamo quando subiamo una sofferenza così grande. La speranza è sapere che vivrò nuovamente qualcosa di bello, di positivo. Ma la morte, quando arriva con la violenza che sperimentiamo oggi pare toglierci ogni speranza. Stiamo accanto con discrezione al dolore di Stefano, lo sposo amatissimo di Sabina, l’uomo per il quale anche nel dolore le brillavano gli occhi e il cuore si riempiva di coraggio; siamo vicini a zia Consiglia, una donna che conosciamo forte e dal cuore grande, un cuore oggi duramente e nuovamente provato, un cuore che non si indurisce “non è giusto ma bisogna portare con pazienza anche questo momento”; ci stringiamo a Stefania da sempre compagna nel cammino della vita, sorella e amica, confidente e punto di riferimento. 


Stiamo vicini tutti in questo momento: familiari, amici, semplici conoscenti, stiamo vicini e condividiamo questo dolore. 


È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore.

Dovrei fermarmi qui lasciare spazio al silenzio, anche perché le parole in certe circostanza ci paiono vuote, insufficienti, povere… è difficile trovare e scegliere le parole giuste, quelle vere, quelle opportune. Non ho la pretesa di saperlo fare, ma so che Sabina amava le parole, le parole adatte che ai più sembravano incomprensibili e difficili, le parole importanti per dare peso ai contenuti, le parole essenziali per andare sempre al cuore del pensiero.

Le parole quelle contenute nei suoi amatissimi libri. Da poco aveva lasciato la biblioteca, il lavoro che per anni ha vissuto con una passione contagiosa. Mi ha raccontato l’amaro epilogo di questo impegno e la delusione per un mancato riconoscimento di un lavoro che era di più di un lavoro, una vocazione. Una chiamata a nutrirsi di cultura e ad offrire possibilità ad altri di farne esperienza. Non un topo di biblioteca, nascosto a catalogare in solitaria vecchi volumi in scaffali polverosi, ma chi ti introduce alla lettura, alla conoscenza di un autore, alla meraviglia della scoperta di un testo impensato.

I libri fanno viaggiare la mente e il cuore così non ci siamo stupiti quando per il suo matrimonio con Stefano hanno scelto parole dalla Scrittura che parlavano del viaggio. Nell’iniziare il loro cammino di sposi hanno condiviso la fiducia del camminare insieme non sapendo dove la vita li avrebbe condotti. Questo viaggio che ora si interrompe in modo così inaspettato e improvviso ci fa guardare con gratitudine ai passi compiuti insieme, ai desideri coltivati, ai sogni inseguiti. Un viaggio dove Stefano ha garantito a Sabina di non essere mai sola nell’affrontare i problemi di salute che l’hanno accompagnata. La nostra gratitudine si unisce a quella di Sabina che questo viaggio avrebbe deciso di ripeterlo senza esitazione per sempre. Ora Sabina inizia un nuovo viaggio troverà papà Andrea, i nonni, zia Gina, zia Laura e lo zio Pasquale. Insieme ne siamo certi veglieranno su di noi inviandoci coraggio, forza e un sorriso.


Quel sorriso che Sabina non ci ha mai fatto mancare. Mai. Il suo è stato un sorriso sincero, mai formale. Rivelava una cordialità accogliente e il desiderio vero di ascoltarti. Un sorriso per tutti anche in queste ore. A volte ti pareva non fosse possibile quando sapevi delle sue fatiche e delle sue sofferenze ma era la sua firma sul desiderio che coloro che amava si sentissero bene, che coloro che incontrava potessero godere delle sue migliori energie.


Questo sorriso ha portato nel suo nuovo lavoro che era stato il frutto di un concorso vinto e di un impegno da subito vissuto con la consueta intensità. Me ne ha parlato senza nascondere le difficoltà ma cogliendone tutte le opportunità, con il desiderio di imparare e di offrire la sua competenza e la sua cultura. Pochi mesi per lasciare un segno, per lasciare un indimenticabile sorriso.


Il 16 settembre ha voluto festeggiare un mese che era viva, un mese da quando la malattia si era affacciata con tutta la sua violenza inattesa. Si ripeteva che era diventata una testa matta perché spesso non le venivano le parole, già le sue amate parole. Una testa matta con una grande voglia di vivere, con progetti per il futuro…

Non ha avuto la possibilità di realizzarli, non ha avuto il tempo, ha lottato con le forza che aveva, si è arresa solo a ciò che era impossibile.


Ora non possiamo non domandarci perché…


Ma oggi siamo qui per dire, pur nel più profondo dolore, che la nostra vita non è condizionata dalla morte, che nella fede nel Signore Gesù che ha vinto la morte, noi vogliamo trovare la via che condizione la nostra vita. Scegliamo di essere qui perché il Signore è sopra la nostra morte, anzi è sopra la nostra vita.


Gesù ci dice: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto». La casa del Padre di cui Gesù ci parla fa pensare alla nostra casa, alle nostre case. Oggi senza Sabina saranno più vuote, ci mancheranno parole dotte e caldi sorrisi, anche il sapore del caffè in qualche momento non sarà più buono come quando lo consumavamo con lei, ma proprio la memoria di una vita spesa in questo modo ci donerà il coraggio di onorarne la memoria non facendo cadere il ricordo e il desiderio che Sabina viva in noi.


La morte mette a nudo la nostra vita. Ci fa scoprire che i nostri atti di orgoglio, di ira e di odio erano vanità. Ci accorgiamo di non aver amato abbastanza e di non aver cercato ciò che era essenziale. E, al contrario, vediamo quello che di veramente buono abbiamo seminato: gli affetti per i quali ci siamo sacrificati, e che ora ci tengono la mano. Gesù ha illuminato il mistero della nostra morte. Con il suo comportamento, ci autorizza a sentirci addolorati quando una persona cara se ne va. Lui si turbò profondamente davanti alla tomba dell’amico Lazzaro, e scoppiò in pianto. In questo suo atteggiamento, sentiamo Gesù molto vicino, nostro fratello. Lui pianse per il suo amico Lazzaro. Così lasciamo che le lacrime righino il volto e si trasformino in canali che diano vita ai nostri giorni per il bene di coloro che con amore siamo chiamati a custodire.

Con il volto rigato di lacrime Gesù prega il Padre, sorgente della vita, e ordina a Lazzaro di uscire dal sepolcro. E così avviene. La speranza cristiana attinge da questo atteggiamento che Gesù assume contro la morte umana: se la morte umana è presente nella creazione, essa è però uno sfregio che deturpa il disegno di amore di Dio, e il Salvatore vuole guarircene.


La fede in Gesù, il Signore risorto, ci accompagna in questo passaggio difficile della morte di Sabina. Ognuno di noi oggi si misura, pur nel grande dolore, con la fede nella risurrezione. Oggi ridiciamo con coraggio che non siamo nati per morire ma per risorgere. 



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