Il testamento spirituale del nonno Giovanni

Vent'anni fa il nonno Giovanni tornava a casa, era la domenica delle Palme.
Aveva passato la giornata in un Santuario, non stava bene fin dal mattino ma non ci si poteva ritirare da una parola data. Ha resistito tutta la giornata, il suo cuore ha ceduto solo dopo essere sceso dal pullman, non aveva mai voluto essere un peso per nessuno. Solo pochi giorni prima gli avevo annunciato che in ottobre sarei stato ordinato diacono. Era felice, e io per lui, con lui... perché, ne sono convinto, nella mia numerosa famiglia lui era quello che ci teneva di più e che più aveva intuito quel mistero che stava avvolgendo la mia vita.
Dopo la telefonata in lacrime di mia sorella Elena vagai a lungo nel quadriportico della teologia. Una sola domanda mi opprimeva mente e cuore mentre tante lacrime solcavano il mio volto: ‹‹perché?››.
Mi manca ancora il mio nonno con i suoi racconti ed ogni volta che muore un nonno di un amico o un "nonno" o una "nonna" che io stesso ho conosciuto e che mi ha accolto come un nipote, rivivo un intimo dolore che però non è mai più forte della speranza e della certezza della vita eterna.
Ma il mio nonno non è solo i suoi racconti, il mio nonno Giovanni è la sua fede che ho raccolto in questi tratti, il suo testamento spirituale:
1. la preghiera in ginocchio al mattino e alla sera, in ginocchio davanti all'immagine di Maria nella gioia e nel dolore come in occasione della mia malattia o dell'incidente della mamma.
2. non avere paura di essere cristiani e di mostrarlo.
3. l'urgenza del vivere il perdono e la fedeltà alla messa sempre, sempre.
4. la devozione alla Madonna del Carmine con quelle sette Ave Maria pregate ogni sera fin da quando era un ragazzo.
Di questa fede così semplice e così concreta si è nutrita la mia ricerca di Dio; in questa fede io so che il mio nonno Giovanni è vivo.

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