Dio vi benedica!
Omelia nella Messa di saluto
alla mia Comunità
di Sesto Calende
8 settembre 2013
Da sempre ho cercato
di custodire la disponibilità a stupirmi, considerando questo come un
fondamento dell’esperienza della fede. Così nell’annunciare la mia ordinazione
presbiterale usai proprio queste parole “con stupore”, perché così vivevo il
compimento di un’intuizione che mi aveva accompagnato fin dalla fanciullezza
attraverso i bellissimi anni del seminario fino a quel giorno benedetto, 11
giugno 1994.
Ho cercato di
custodire quello stupore in questi anni di ministero tra coloro che mi è stato chiesto
di servire. Sono stato sempre benedetto tanto da Dio e dagli uomini e le donne
che ho incontrato. È quanto è accaduto anche in questi otto anni. Non sempre
però il mio sguardo è stato capace di vedere i segni dell’agire di Dio nella
mia vita. Così quando ho intuito che una nuova disponibilità mi veniva chiesta,
ho iniziato a provare un senso di delusione per questo tempo vissuto a Sesto. È
stato l’incontro con un sacerdote che mi conosce fin dagli inizi del mio
cammino ad iniziare a farmi riscoprire lo stupore e la serenità guardando alla
mia vita tra voi: “in questi anni a Sesto tu hai aperto delle strade,
iniziato delle esperienze non puoi guardare a questo tempo come ad un
compimento ma come ad un tempo di seminagione, altri raccoglieranno”. Ma anche
le parole di un’amica che da anni combatte con una gravissima malattia mi ha
aperto la mente e il cuore: ”le iniziative, le proposte, le attività sono
realtà che i tuoi successori possono anche ostacolare o abbandonare, ciò che
invece, se noi non lo permettiamo, non può essere toccato è quello che Dio
attraverso di te ha seminato e fatto crescere nei nostri cuori”.
Con questi inviti ho
iniziato a rileggere il mio vissuto tra voi e lo stupore mi ha inondato.
Lo stupore per il
nostro Oratorio. No, non sono riuscito a riempirlo come mi aveva chiesto otto
anni fa uno dei miei fratelli sacerdoti, ma ho creduto che l’oratorio potesse
essere una realtà significativa anche a Sesto Calende. Sono grato a tutti
coloro che in diverso modo hanno cercato di realizzare il sogno di un oratorio
che fosse casa e non stanza di albergo, un luogo dove non tutto è perfetto,
come una casa abitata da molti, ma dove si può vivere delle perfette esperienze
di condivisione di gioia, di amicizia e per questo di incontro con il Signore.
Grazie a chi ha speso interi pomeriggi con un pugno di bambini e chi non si è
scoraggiato nel vedere l’Oratorio inspiegabilmente vuoto la domenica successiva
ad una riuscita domenica insieme. Ringrazio chi non si è fermato a guardare con
nostalgia al passato ma ha cercato di cambiare la realtà scegliendo di essere
presente. La realtà si cambia solo assumendola e vivendola.
Lo stupore per gli
amici Scout. Sono stato accolto nonostante fossi quasi all’oscuro di questo
mondo, come un cucciolo che deve imparare tutto, e subito loro mi hanno fatto
diventare Baloo, l’orso che nel libro della giungla ha le abilità della grande
saggezza e conoscenza. In quanto a dimensioni ci hanno proprio azzeccato, per
il resto non so. Rimane il fatto che ho potuto dedicare un tempo assolutamente
insufficiente al gruppo del Sesto 1, sono però grato per le intense esperienze
che i ragazzi e i Capi mi hanno regalato.
Lo stupore per la
possibilità di fare sport in Oratorio. La Polisportiva Sant’Agostino è
espressione della convinzione che lo sport sia esperienza eccellente di
educazione in quanto valori come la lealtà, la perseveranza, l’amicizia, la
condivisione, la solidarietà possono contribuire a creare persone armoniche.
Grazie a quanti hanno condiviso questo progetto offrendo gratuità nel tempo e
nelle risorse donate. Grazie a quanti hanno cercato di superare le inevitabili
difficoltà avendo a cuore il bene dei ragazzi e la loro crescita umana e per
questo necessariamente cristiana.
Lo stupore per il
tempo che alcune persone, poche… preziosissime, hanno dedicato alla gestione
della casa in Val d’Ayas: senza di loro avremmo perso la possibilità di avere
questo luogo come significativa risorsa per l’intera Comunità.
Lo stupore per la
nostra Scuola parrocchiale. Ho desiderato che il sogno del mio predecessore don
Carlo Samartino continuasse all’interno della nostra Comunità. Abbiamo un
tesoro, una straordinaria opportunità educativa. Possiamo ogni giorno parlare a
centinaia tra bambini, ragazzi, adolescenti e giovani della bellezza della vita
e della vita nella fede. La mia vita è stata trasformata dal ritmo della Scuola
ma per me è stato luogo di grande arricchimento culturale e spirituale. Ho
ascoltato decine di ragazzi, genitori e insegnanti. La Scuola non mi ha
impedito di essere prete della Comunità, per la Comunità, nella Comunità.
Grazie al mio Preside con il quale ho condiviso la quotidiana esaltante fatica
di guardare ad ogni studente a noi affidato con accoglienza, rispetto e stima.
Grazie alle Insegnanti e ai Professori, in particolare a coloro che hanno
accolto il nuovo progetto della Scuola parrocchiale come un’opportunità: hanno
avuto la possibilità di crescita professionale e di condivisione nell’amicizia.
Grazie a coloro che hanno reso la nostra scuola capace di attenzione ai bisogni
di tutti in particolare dei bambini. Grazie ai volontari presenza discreta ma
fondante di un progetto che pensa la nostra Scuola come opportunità non solo
per chi ha molti mezzi economici ma per tutti. Grazie a chi ha sostenuto con la
stima e l’affetto questo impegno, sicuramente oneroso, ma straordinariamente
capace di dire una passione autentica per l’uomo attraverso la carità della
formazione dell’intelligenza e della conoscenza. Nessuno di voi sa quanto mi mancheranno
i bambini con la loro simpatia, l’affetto coinvolgente. Ma non solo loro ne
sono certo. Sostenete il progetto della nostra Scuola aiutando il nuovo Rettore
e i suoi collaboratori.
Ma sapete lo stupore
può ancora aumentare se penso alle moltissime attestazioni di stima e
riconoscenza che ho raccolto in questi giorni. Non parlo certo dei formalismi
legati alle partenze nei quali tutti appaiono bravi, buoni e belli, no parlo
della sincerità che ho colto negli occhi dei bambini, nella commozione di uomini
che hanno scelto di esprimermi il loro bene con parole di una straordinaria
intensità, parlo degli anziani e dei loro volti segnati dalle lacrime. Credo
che ci siano due categorie di persone che non si possono imbrogliare: i bambini
perché sentono il bene, quello autentico e gli anziani perché della vita sono
esperti e maestri e sanno distinguere l’essenziale da ciò che è inutile.
Sono profondamente
grato a quanti mi hanno raccontato del beneficio vissuto condividendo
l’Eucaristia. Sono stupito invece dal riconoscimento che in moltissimi mi hanno
espresso a proposito della mia predicazione, vi assicuro che per me è
un’autentica sorpresa conoscere come in molti possano dire “abbiamo ascoltato
molto, tu sai parlare al cuore e le parole nel cuore rimangono”.
Lo stupore genera in
me gratitudine per chi in questi anni mi ha accompagnato nel mio ministero: i
presbiteri che concelebrano ma anche coloro che hanno lasciato questa comunità,
perché tra loro c’è chi mi ha fatto fare esperienza di un’autentica, concreta,
premurosa, quotidiana fraternità.
Non ho pronunciato
nessun nome perché come sempre rischierei di tralasciare qualcuno di
importante. Ma non posso non dirvi che in questi anni ho potuto vivere così
intensamente questo mio servizio perché il Signore rinnova per me ogni giorno
il dono di una grande famiglia: i miei genitori, i miei fratelli con le loro
famiglie. Voi stessi avete potuto apprezzare la generosità e la semplicità del
mio papà e della mia mamma. In questi anni anche loro hanno creato profondi e
veri legami di amicizia. Anche per loro questa è una partenza faticosa. Mentre
ringrazio il Signore ringrazio anche voi per il bene che avete voluto a loro e
alla nostra famiglia. In particolare avete condiviso con me la nascita di
Federico, il matrimonio di mio fratello Alessandro con Alessandra, la malattia
di Alessandra e infine avete accompagnato la mia nonna Giselda in paradiso.
Ma sempre lo stupore
genera in me anche la coscienza della straordinaria misericordia che Dio ha nei
miei confronti perché io sono consapevole della mia fragilità. Anch’io mi
comporto come i figli della parabola evangelica che oggi abbiamo ascoltato a
volte rispondo sì prontamente e poi mi perdo nella pigrizia e nell’omertà, a
volte non rispondo subito con gioia, ma poi mi pento e torno al mio servizio
con rinnovato slancio. Anche se davvero non ho coscienza di aver
intenzionalmente fatto del male a qualcuno chiedo scusa a quanti possano essere
stati delusi dal mio comportamento o dalle mie parole. In particolare a questi
amici chiedo il dono della pace e del perdono.
In questi anni ho
fatto esperienza più concreta ancora che non in passato del contatto con le
Comunità religiose: le Suore Orsoline e le Suore Mercedarie. Ringrazio perché
ho sempre trovato accoglienza… in particolare in questi ultimi tempi nella
Comunità delle Suore Mercedarie.
Chiedo scusa perché
in questi anni non sono riuscito ad avere cura come avrei voluto dei malati.
Portate loro la benedizione del Signore.
Mi state regalando un
bene che per me era inimmaginabile, chiedo scusa per aver pregato poco, perché
quando un prete prega il suo gregge è al sicuro, e per aver dedicato un tempo
troppo limitato al sacramento della riconciliazione.
Dal cielo in molti
vegliano su di me, a molti di voi sono legato per aver condiviso il momento
doloroso della sofferenza e della morte. Nella condivisione della fede nella
risurrezione, i vostri cari sono diventati anche i miei cari.
Vorrei lasciarvi un
racconto come spesso ho fatto in questi anni pensando ai bambini, ma poi
scoprendo che erano un bene anche per i grandi. Lo introduco con le parole di
Madre Teresa. “Io non penso di avere qualità speciali, non pretendo niente
per il lavoro che svolgo. È opera Sua.
Io sono come una piccola matita nelle
Sue mani, nient'altro. È Lui che pensa. È Lui che scrive. La matita non ha
nulla a che fare con tutto questo. La matita deve poter solo essere usata”.
Sono sempre stupito
che Dio possa usare della mia fragilità per mostrare la sua benedizione. Essere
una matita nelle sue mani.
Una matita, ecco il
racconto.
Il bambino guardava
la nonna che stava scrivendo una lettera. Ad un certo punto, le domandò: “Stai
scrivendo una storia che è capitata a noi? E che magari parla di me”.
La nonna interruppe
la scrittura, sorrise e disse al nipote: “È vero, sto scrivendo qualcosa di te.
Tuttavia, più importante delle parole è la matita con la quale scrivo. Vorrei
che la usassi tu, quando sarai cresciuto”.
Incuriosito il bimbo
guardò la matita senza trovarvi alcunché di speciale.
“Ma è uguale a tutte
le altre matite che ho visto nella mia vita!”.
“Dipende tutto dal
modo in cui guardi le cose. Questa matita possiede cinque qualità: se riuscirai
a trasporle nell'esistenza, sarai sempre una persona in pace con il mondo.
Prima qualità: puoi fare grandi cose, ma non devi mai dimenticare che esiste
una mano che guida i tuoi passi. “Dio”: ecco come chiamiamo questa mano! Egli
deve condurti sempre verso la sua volontà.
Seconda qualità: di tanto in tanto, devo interrompere la scrittura e usare il
temperino. È un'azione che provoca una certa sofferenza alla matita ma, alla
fine, essa risulta più appuntita. Ecco perché devi imparare a sopportare alcuni
dolori: ti faranno diventare un uomo migliore.
Terza qualità: il tratto della matita ci permette di usare una gomma per
cancellare ciò che è sbagliato. Correggere è un'azione o un comportamento non è
necessariamente qualcosa di negativo: anzi, è importante per riuscire a
mantenere la retta via della giustizia.
Quarta qualità: ciò che è realmente importante nella matita non è il legno o
la sua forma esteriore, bensì la grafite della mina racchiusa in essa. Dunque,
presta sempre attenzione a quello che accade dentro di te.
Ecco la quinta
qualità della matita: essa lascia sempre un segno. Allo stesso modo,
tutto ciò che farai nella vita lascerà una traccia: di conseguenza, impegnati
per avere piena coscienza di ogni tua azione”.
Ho deciso di
regalarvi questo racconto insieme ad una matita. Il mio augurio è che possiate
essere in pace con il mondo lasciandovi guidare sempre dall’amore di Dio, che
il dolore e la fatica vi mostrino la via della saggezza, che l’esperienza del
perdono vi renda giusti, che abbiate sempre cura del vostro cuore perché lì
abita Dio, e che ogni vostra azione lasci una traccia di bene.
Pregate tutti per me
perché sia un uomo secondo il cuore di Dio capace di custodire lo stupore:
innanzitutto lo stupore di Maria che ha creduto che “nulla è impossibile a
Dio”, lei che si è fatta piccolissima, perché sempre di più sia un uomo umile.
E poi lo stupore di
Nicodemo, lui che non credeva fosse possibile che da Nazareth venisse qualcosa
di buono perché sappia cogliere in ogni luogo, anche in paesi ai più
sconosciuti, la presenza operosa di Dio, ringrazio gli amici che sono venuti da
Castelnuovo Bozzente, Beregazzo e Figliaro.
Lo stupore del
Centurione che vedendo morire in quel modo Gesù disse “davvero costui era
figlio di Dio”, perché nel dolore, nella sofferenza, nella morte sappia
cogliere germogli di eternità.
Lo stupore di Maria
Maddalena, lei che per prima ha visto il Signore risorto, perché faccia della
mia vita l’annuncio gioioso “Ho visto il Signore, è risorto, vive in mezzo a
noi!”
Grazie per tutto il
bene che siete e del bene che mi avete regalato, del bene straordinario che mi
regalate in questo giorno, in questi giorni, di tutto il lavoro che avete fatto
per preparare questa festa e sono certo anche del bene che continuerete a
regalarmi.
Dio vi benedica!
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