8 febbraio 2015 - Domenica della Divina Clemenza
È una di quelle
pagine un po’ scomode quelle che abbiamo ascoltato oggi, è uno dei racconti che
ci mette in discussione e ci invita a riguardare quelle che sono le nostre
gerarchie, i nostri modi di intendere i ruoli, i compiti, e ci chiede di
guardare a questa donna e a contemplare quello che accade nella sua vita perché
diventi nostro.
Questa donna ama e basta. Questo basta a Dio: essere disposti ad amare, anche se si sbaglia, anche se non si riesce a risollevarsi facilmente dal proprio errore.
Questa donna viene nella casa di un fariseo, un uomo famoso, come tutti i farisei, per essere attento, diligente, integerrimo nell’osservare tutte le leggi. È la casa di un uomo in vista, conosciuto.
Questa donna ama e basta. Questo basta a Dio: essere disposti ad amare, anche se si sbaglia, anche se non si riesce a risollevarsi facilmente dal proprio errore.
Questa donna viene nella casa di un fariseo, un uomo famoso, come tutti i farisei, per essere attento, diligente, integerrimo nell’osservare tutte le leggi. È la casa di un uomo in vista, conosciuto.
Lei non ha
paura di entrare anche se sa bene che tutti la reputano una peccatrice. Entra
portando del profumo. Avrebbe potuto entrare senza portare nulla, chiedendo unicamente
a Gesù un colloquio, poteva chiedergli di essere ascoltata.
Invece
sceglie di compiere un gesto, gesto che si rinnova nel Vangelo, ed è accompagnato
da una serie di attenzioni particolari: inizia a piangere, lava i piedi, li
asciuga con i capelli, si umilia e poi versa questo profumo, che il Vangelo
dice essere prezioso.
Questi
gesti vengono accolti da Gesù e vengono apprezzati: sono un’attenzione nei
confronti del suo corpo e lui li accetta tutti.
Vede questo
modo così eccessivo di comportarsi come il desiderio di questa donna di dire
più che con le parole con la propria vita, la volontà di cambiare, di togliersi
di dosso un marchio, un pregiudizio, un’esclusione. Chiede il perdono. Chiede
di essere accolta, di essere guardata con gli occhi di chi vede al di là di
ogni errore una possibilità nuova di bene, bella, racchiusa nel cuore di ogni
uomo, anche di quella donna.
Così lei,
che non ha un nome, un volto nel quale ci si può trovare tutti, ci insegna la
strada, ci insegna come la possibilità di entrare in comunione con questo Dio
che celebriamo nell’Eucaristia passi anche attraverso l’esperienza fondamentale
della Riconciliazione, del chiedere perdono.
Facciamo
fatica ad andare dal Signore a chiedere perdono: pensiamo sempre o di avere
troppi peccati per essere perdonati, o di averne così pochi che non serve
andare a chiedere perdono, oppure ci giustifichiamo, dicendo che tutti fanno i
peccati e che per i propri problemi ci si può “arrangiare” direttamente con
Dio.
Ma il Vangelo
ci indica una strada: l’incontro con il Signore, che ti dice una parola che
nessun altro può dirti “La tua fede ti ha
salvato, vai in pace perché il tuo amore è più grande dei tuoi peccati. Perché
l’amore che io ti offro è più grande dei tuoi peccati”.
Gesù non
giustifica l’errore, non giustifica una vita che non sia secondo il Vangelo,
non giustifica la condotta di questa donna, ma va oltre il marchio che lei
porta con sé, va oltre questo suo essere sbagliata e coglie nella sua vita
quella possibilità unica di rivoluzione, la possibilità di amare.
Ogni volta
che noi compiamo un gesto d’amore veniamo da Dio, ogni volta che nasce in noi
un desiderio di amore, noi siamo collaboratori dell’azione di Dio nella storia,
e ci mettiamo contro questa logica di sopruso, vendetta che oggi sembra essere la
giustificazione a tutti i nostri comportamenti.
Divina clemenza: chiamiamo
così questa giornata, la possibilità di sperimentare di essere accolti e
perdonati. È solo quando decidiamo di fare noi esperienza dell’amore e del
perdono di Dio che possiamo perdonare gli altri, altrimenti ci portiamo dentro
la segreta convinzione di essere meglio degli altri e quindi di poter
giustamente tenere nel cuore rancore, pregiudizio e poter dire male degli altri
perché da loro abbiamo ricevuto il male.
Ma Gesù non
ci insegna questa strada, ce ne insegna una più difficile, difficile da
percorrere se facciamo tutto da soli, ma se disponiamo il cuore al perdono e
all’essere perdonati allora è possibile che il nostro cuore si orienti verso
uno sguardo misericordioso verso altri.
Vi racconto
questo episodio:
Un giorno il saggio diede al
discepolo un sacco vuoto e un cesto di patate. “Pensa a tutte le persone che
hanno fatto o detto qualcosa contro di te recentemente, specialmente quelle che
non riesci a perdonare. Per ciascuna, scrivi il nome su una patata e mettila
nel sacco”.
Il discepolo pensò ad alcune
persone e rapidamente il suo sacco si riempì di patate.
“Porta con te il sacco,
dovunque vai, per una settimana” disse il saggio. “Poi ne parleremo.”
Inizialmente il discepolo non
pensò alla cosa. Portare il sacco non era particolarmente gravoso. Ma dopo un
po’, divenne sempre più un gravoso fardello. Sembrava che fosse sempre più
faticoso portarlo, anche se il suo peso rimaneva invariato.
Dopo qualche giorno, il sacco
cominciò a puzzare. Le patate marce emettevano un odore acre. Non era solo
faticoso portarlo, era diventato anche sgradevole.
Finalmente, la settimana
terminò. Il saggio domandò al discepolo. “Nessuna riflessione su quello che è
accaduto?”
“Sì, maestro” rispose il
discepolo. “Quando siamo incapaci di perdonare gli altri, portiamo sempre con
noi emozioni negative, proprio come queste patate. Questa negatività diventa un
fardello per noi e, dopo un po’, peggiora.”
“Sì, questo è esattamente
quello che accade quando si coltiva il rancore. Allora, come possiamo alleviare
questo fardello?”
“Dobbiamo sforzarci di
perdonare.”
“Perdonare qualcuno equivale a
togliere una patata dal sacco. Quante persone per cui provavi rancore sei
capace di perdonare?”
“Ci ho pensato molto, Maestro”
disse il discepolo. “Mi è costato molta fatica, ma ho deciso di perdonarli
tutti.”
Per
poter arrivare a fare un’esperienza reale di Vangelo, dove il perdono ci renda
simili a Dio, perché questa esperienza sia nostra anche quando ci sembra
impossibile, non possiamo partire unicamente dalla nostra volontà, dalla disponibilità
del nostro cuore: abbiamo bisogno di ricevere il Perdono. Non aspettiamo la
Pasqua per confessarci, non occasioni particolari.
Il
Sacramento della Riconciliazione diventi modo costante di vivere l’esperienza
dell’amore verso Dio Padre rivelatoci da Gesù Cristo nello Spirito Santo.
Ricevere
il perdono cambia la vita, cambia il cuore e riceverlo nella Chiesa significa
essere riammessi nella vita alla Comunità e poter partecipare del Corpo e del
Sangue di Cristo. Vinciamo la pigrizia,
qualche esperienza negativa del passato, vinciamo la paura di essere giudicati
e cogliamo come il perdono, il Sacramento della Confessione possono diventare
strade per poter vivere più intensamente il rapporto con il Signore Gesù.
Allora, quando faremo esperienza di essere perdonati avremo più il coraggio di
avere uno sguardo di perdono anche verso coloro che ci sono nel cuore non perché
li amiamo ma perché ci hanno fatto del male e verso i quali coltiviamo rancore.
Il Signore ci liberi da tutto questo. Non abbiamo tanto tempo di volerci male.
Cerchiamo
invece di volerci bene imparando da Lui che guarda al nostro cuore e vede che è
capace di amare.
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