12 aprile 2015 - II domenica di Pasqua


A partire dall’anno 2000, l’anno del grande Giubileo, Giovanni Paolo II ha voluto che questa seconda domenica di Pasqua venisse chiamata anche “Della Divina Misericordia”. Papa Francesco ha scelto proprio la vigilia di questa grande festa per indire il nuovo Giubileo straordinario della misericordia che avrà inizio l’8 dicembre 2015.
Durante tutto il tempo della Pasqua vi ho invitato a riconsiderare, ad approfondire il tema della Riconciliazione, il sacramento della confessione. Guidati dalle parole del cardinale Martini abbiamo cercato di cogliere come questo sacramento possa diventare un’esperienza che permetta di affrontare la vita con uno sguardo di gratitudine per tutto ciò che il Signore continua a operare nella nostra vita nonostante le nostre fragilità; uno sguardo di accoglienza della nostra incapacità di amare sempre e del nostro sbaglio e del nostro peccato come condizione che non ci impedisce di essere amati. Ancora, vi ho invitato a vivere questo sacramento come un atto di Fede: “Io credo che tu con me puoi compiere grandi cose, puoi vincere la mia inclinazione al male”. Il tempo della Quaresima è un tempo di conversione del cuore, ma il tempo pasquale non ci toglie la possibilità di mettere al centro della nostra riflessione il tema del perdono. La Pasqua è passaggio dalla morte alla vita, dalla schiavitù alla libertà, dal peccato alla vita di grazia. Per questo abbiamo la possibilità in questo periodo pasquale, preparandoci alla grande festa della Pentecoste dove rivivremo il grande dono dello spirito, di diventare sempre più familiari con questo mistero della misericordia, perché fino a quando il sacramento della Riconciliazione rimarrà marginale nella nostra vita, evento che releghiamo a qualche episodio dell’anno, rischiamo di continuare a scrivere dentro di noi, nella nostra mente e nel nostro cuore, un volto di Dio che non corrisponde a quello che Gesù ci ha rivelato. Solamente l’esperienza di essere perdonati ci permette di avere un cuore più disposto ad avere uno sguardo buono su me stesso, sugli altri, sulla realtà.
Il primo dono di Cristo risorto è la pace. Quella pace che noi invochiamo come cessazione id ogni conflitto, come possibilità che ogni uomo non debba subire o vivere la violenza; ma questa pace è anche la somma di tutti i doni messianici, di tutti i doni di Dio. È quell’esperienza che forse abbiamo condiviso o vissuto qualche volta, quando ci sentiamo profondamente in una condizione di benevolenza da parte di Dio, quando siamo in pace, quando il nostro cuore non è inquieto, quando non ci troviamo ad essere dilaniati dal rimorso o dal presentimento, oppure quando non ci sentiamo tristi perché incapaci di superare una difficoltà, oppure perché provati da un grande dolore. “Pace a voi” e subito dopo l’annuncio del perdono legato al dono dello Spirito: la pace del cuore non è distante dall’esperienza della riconciliazione. Per questo vi esorto a trovare il modo e il tempo per disporre il cuore al sacramento della Riconciliazione. Non è questione di “Che cosa devo dire?” ma di fare esperienza di un Dio che continua a prendermi così come sono e mi avvolge della sua grazia, mi fa ri-fare esperienze nuove, come per Tommaso. Conosciamo bene questo apostolo, lo abbiamo un po’ classificato come l’incredulo. A me, invece, piace perché è un uomo profondamente libero; i suoi amici stanno nascosti nel cenacolo, hanno paura, lui invece è fuori. Quando i suoi amici gli dicono “Abbiamo visto il Signore!” lui risponde “Non posso credervi, perché se voi avete visto che Gesù è risorto non potete stare qui dentro nascosti. Se lui è vivo non potete avere paura. Allora, se io non vedo i segni della sua Risurrezione la vostra testimonianza è troppo poco. Voi mi dite una parola, ma non si vede l’esito della parola. Voi mi annunciate ciò che più mi sta a cuore ma non si vede nella vostra vita che questo è manifesto, che questo è vero”.
Gesù torna, torna da Tommaso, proprio per Tommaso e sta in mezzo, non giudica come è di chi vuole creare relazione, di chi vuole cominciare a percorrere insieme dei cammini e il rimprovero che rivolge a Tommaso è dolce e suscita in quell’uomo una delle espressioni più straordinarie del Vangelo, una di quelle espressioni che possiamo custodire nel cuore quando facciamo la genuflessione, quando guardiamo verso l’Eucaristia che il sacerdote ci mostra dopo la Consacrazione, quando siamo in ginocchio davanti al Mistero Eucaristico nella preghiera personale: “Mio Signore e mio Dio”. Lasciamo che il Signore ci incontri così come vuole Lui. Non siamo sempre noi a decidere, non dipende sempre tutto da noi. Il Sacramento della Riconciliazione è opera efficace di Dio, è un’azione dello Spirito, trasforma il cuore. Se noi stiamo lontano da questo, come possiamo capire, ad accogliere? Che il Signore ci guidi in questo tempo pasquale. Invochiamo ogni giorno il dono dello Spirito, che è capace sempre di farci ripartire, che è capace di spingerci fuori dai nostri nidi, dalle nostre chiusure, che ci investe di quel desiderio di dire a tutti che essere cristiani oggi può costare fatica. Per molti nostri fratelli è anche il prezzo della vita, come oggi il Papa con forza ha richiamato, ma è anche vero che il cristianesimo, l’appartenenza a Cristo o la si vive con intensità con tutto il cuore, con tutta la forza, con tutta la mente oppure rimane un nome che non cambia la nostra realtà e non incide in chi ci sta intorno.

In questa domenica nella quale si ricorda anche la deposizione delle vesti bianche, al termine della settimana in cui i battezzati portavano questo segno ricevuto nella notte del Battesimo come segno visibile della propria scelta di Fede, chiediamo al Signore di non deporre mai la nostra volontà di essere cristiani, di essere discepoli del Signore e di rivestirci sempre della volontà di essere di Lui testimoni autentici.

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