25 ottobre 2015 - Domenica del mandato missionario
Celebriamo
oggi nella nostra Diocesi la domenica del mandato missionario, dopo aver
celebrato con gioia la festa della Dedicazione del Duomo, che è la Chiesa madre
di tutti i fedeli cristiani ambrosiani. Oggi riceviamo questo mandato perché
non è solamente per chi ieri sera durante la veglia missionaria ha
ricevuto il mandato di lasciare la propria terra per un luogo lontano. Questo
mandato missionario è per ogni cristiano.
Il
Papa nel suo messaggio in occasione di questa giornata dice una realtà che
conosciamo bene ma che probabilmente non è arrivata profondamente nel nostro
cuore: caratteristica fondamentale della Chiesa è la missione. Nel cuore di
molti, anche di molti cristiani, c’è l’obiezione: ma che senso ha andare a scomodare coloro che hanno una propria
credenza, una loro fede… Che senso ha andare a proporre qualcosa, Qualcuno che
è molto distante da loro? Noi stessi
siamo infastiditi quando arriva qualcuno a raccontarci un’esperienza di fede
diversa dalla nostra.
Nella
prima lettura abbiamo ascoltato l’incontro tra Filippo e un funzionario, questo
uomo che apparteneva alla corte di una regina importante e che era venuto a
Gerusalemme per il culto; non sappiamo bene se fosse un etiope simpatizzante
della tradizione giudaica, ma per il fatto che non conoscesse nulla del profeta
Isaia possiamo ipotizzare che sia capitato in quella regione più per motivi
economici -politici che non religiosi e il culto che aveva vissuto l’aveva
vissuto con la curiosità di chi era affascinato dalle modalità e dal tempio di
Gerusalemme. Quest’uomo rimane però interrogato dalle parole che sta leggendo,
non ha nessuno che lo guidi nel comprendere. Vuole capire, incontrare,
conoscere. Ecco, il missionario è mandato a guidare coloro che hanno nel cuore
un desiderio autentico di Dio e poiché ogni uomo è stato creato ad immagine e
somiglianza di Dio in Gesù Cristo, ognuno porta dentro di sé la domanda su Gesù
Cristo; anche coloro che la negano, la rifiutano, la combattono. La storia del
cristianesimo è ricca di testimonianze di uomini che prima erano avversari e
poi sono diventati testimoni di quella partenza.
La
missione nasce innanzitutto dalla consapevolezza che ogni uomo porta dentro di
sé l’anelito verso Dio. Consapevolezza che è sostenuta da un comandamento, Gesù
dice ai suoi discepoli «Andate!»: non è un’esortazione, è un ordine! Andate e portate a tuti quella parola di
Vangelo che avete ascoltato e vissuto con me, portando il Battesimo. Se noi
siamo qui ora è perché quegli undici, ancora un po’ frastornati da tutto quello
che era successo, ancora un po’ increduli che un uomo morto in quel modo
potesse ritornare alla vita, hanno iniziato a raccontare quello che hanno
vissuto, il loro incontro con Gesù e così da quel luogo sconosciuto del mondo,
in un tempo dove le forze erano più spostate verso i grandi imperi, è nato un
annuncio che è passato, di testimonianza in testimonianza, fino a noi. Noi che
siamo qui oggi ad ascoltare quella Parola e a sentirci mandati, inviati. Perché anche noi, con la nostra vita, possiamo
testimoniare l’amore per il Signore. Ci sono alcuni che sono chiamati alla missione alle genti, quindi a lasciare
la propria terra e ad andare in luoghi lontani, e ci sono altri che non hanno
questa missione ma hanno un mandato ugualmente importante, quello di essere
testimoni là dove vivono. Tanto che, io credo, se noi fossimo più autentici nel
nostro vivere da cristiani, anche alcune delle forze che abbiamo nel nostro
pensiero avrebbero l’impatto su molti di farsi strada proprio perché sostenute
non tanto dal parlare ma dal vivere.
Paolo
nella seconda lettura ci invita a pregare per chi ci governa perché possiamo
tutti condurre una vita serena e tranquilla.
Sapete
che oggi si conclude il Sinodo sulla famiglia; molti dicono che senso ha che un manipolo di uomini non
sposati possa decidere della famiglia? In realtà non è un decidere della
famiglia ma è un dire il contenuto della fede cristiana sulla famiglia e di
proporlo innanzitutto ai cristiani. Non è tanto il desiderio di piegare coloro
che ci governano al nostro valore, ma se avessimo la forza di testimoniare con
gioia, con credibilità, con fedeltà quello che celebriamo durante l’Eucaristia,
allora certamente avremo sempre qualcuno che non riconosce il messaggio di
Cristo come buono per sé, avremo sempre qualcuno che lo condanna, che lo
nega - d’altra parte Gesù stesso ha
subito il rifiuto -, ma saremo interlocutori più credibili, uomini e donne che
hanno una parola che non è solo una parola ma un vissuto. Vogliamo allora
chiedere al Signore che la nostra testimonianza sia più credibile, più
autentica e che non sia solamente una questione da delegare ad alcuni. Vogliamo
credere che c’è un modo quotidiano di porci nella nostra vita che è
testimonianza o meno del Vangelo.
Un
altro aspetto importante che il Papa sottolinea e che raccogliamo dalla
Scrittura è che questo legame tra Chiesa e missione passa sempre attraverso ciò
che è essenziale: Gesù invia i suoi amici chiedendo loro di avere fiducia
solamente nella forza di una parola che è sostenuta da un’esperienza. Non
devono ripetere senza amore dei contenuti, non devono imporre a nessuno le
proprie credenze. Hanno il compito di annunciare nella povertà di chi sa
conoscere che si può imparare anche dai poveri, perché quando un povero è
autentico – perché non tutti lo sono, lo sappiamo bene come si può diventare
molto cattivi e attaccati alle proprie cose anche quando se ne hanno poco -, da
lui possiamo imparare la vita essenziale. I poveri sono certamente coloro che
ci vengono sbattuti in faccia nelle ore in cui siamo a pranzo, a tavola, in
queste immagini che ci parlano di uomini e donne che lasciano la propria terra
per andare a cercare qualcosa di meglio. Certamente alcuni di loro vivono una
vita che è invivibile, soprattutto ora che arriva l’inverno e il freddo è
pungente; loro ci interrogano ma per nessuno di loro possiamo fare nulla. Ma ci
sono altri poveri, anche nelle nostre Comunità, anche tra di noi che magari non
hanno bisogno direttamente del denaro, di una casa, di un lavoro, ma di essere
considerati come persone, di essere guardati con stima, con affetto.
Allora,
questo mandato missionario è sostenere
le missioni e aprire lo sguardo
e guardare a chi ci sta attorno sapendo riconoscere che noi possiamo essere
testimoni dell’amore di Dio nel quotidiano della nostra esistenza.
Oggi
poi vivremo nella nostra Comunità la presentazione del nuovo Consiglio Pastorale,
del Consiglio degli Affari Economici: persone che si mettono in gioco per
aiutare la Comunità a crescere in un percorso di comunione, che significa che
prima di tutto abbiamo a cuore il desiderio di guardare nella stessa direzione
e ridire con i gesti, con le scelte che facciamo che ciò che è decisivo,
importante, è la mia fede nel Signore Gesù che diventa esperienza per me. Tutto
il resto, divisioni antiche e recenti, non sono del Vangelo. Sosteniamo anche
coloro che assumono il compito di essere catechiste ed educatori guardandoli
con stima, perché il tempo che mettono a disposizione per i più piccoli è un
tempo per tutta la comunità perché coinvolge i genitori, i nonni… e quindi quel
gesto del mettersi accanto a un bambino diventa missionario su tantissimi
altri, quasi inconsapevolmente. Chiediamo allora al Signore che sostenga i
nostri missionari, che sostenga i Padri sinodali in questo ultimo giorno nel
concludere un percorso che in realtà non si conclude oggi ma che apre nuovi orizzonti
e metta nel cuore di tutti il desiderio di essere cristiani più autentici.
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