6 marzo 2016 - IV domenica di Quaresima
Raccogliamo da questa lettura che abbiamo fatto della Parola di Dio tre inviti.
Il primo è l’acqua, acqua che ci ricorda il nostro Battesimo. Il percorso della Quaresima nel rito ambrosiano è un percorso battesimale dove siamo invitati a riscoprire il fondamento della nostra esperienza di fede che è il Battesimo. Se siamo qui oggi è per il nostro Battesimo. Attraverso l’azione dello Spirito in noi possiamo progressivamente imparare ad accogliere Gesù come il Signore. È la mozione dello Spirito che ci sostiene nel cammino della fede. Da soli non riusciremmo a farlo e credo sia un’esperienza che tutti condividiamo: ci sono periodi in cui siamo più disponibili e quindi ci viene spontaneo o ci viene bene accogliere la Parola di Dio, vivere secondo i suoi insegnamenti, mentre ci sono giorni in cui siamo a volte impigriti, a volte disorientati, a volte dubbiosi. L’azione dello Spirito è ciò che ci permette di crescere progressivamente nell’accoglienza di una Parola che diventi per noi sempre più importante. Il Battesimo è allora una realtà che dobbiamo sempre riscoprire, alla quale tornare sempre con grande gioia e fiducia. L’immagine dell’acqua ci ricorda il gesto fisico dell’essere immersi in una vita nuova, ma l’acqua è vita, senza acqua non c’è vita. L’acqua è donata per purificarci e sappiamo bene come l’acqua sia preziosa; ce ne rendiamo solamente quando non c’è, altrimenti è così comune per noi avere l’acqua da non riuscire a dare il giusto peso, la giusta importanza. Il tema dell’acqua è invito, nel cuore di questa Quaresima, a decidere come vogliamo vivere da cristiani il nostro essere battezzati.
L’altro tema è quello della preghiera. Nella stessa pagina di cui abbiamo parlato dell’acqua, troviamo l’invito alla preghiera con un’immagine molto forte: Mosè che prega e la sua preghiera è sostegno nella battaglia, quando smette, quando abbandona le braccia, il suo popolo è in difficoltà. Al di là del collegamento immediato tra preghiera che fa vincere e non-preghiera che determina una sconfitta, quello che possiamo dire è che la preghiera è una possibilità straordinaria che noi non abbiamo ancora compreso in tutta la sua forza. Qualcuno potrebbe chiedersi “perché è necessario pregare? In fondo, perché è necessario raccontare a Dio quello che Lui già sa o chiedergli quello che, se è buono, dovrebbe già darmi?”. Noi preghiamo perché Gesù pregava. Gesù ha imparato a pregare da Maria, Giuseppe, dalla sua comunità e quella preghiera costante che il Vangelo ci testimonia come essere un’urgenza, tanto da vederlo levato a lungo nella notte e svegliarsi presto al mattino, dice come sia essenziale custodire un rapporto personale con Dio perché questo sostenga, e soprattutto ci dia la forza di affrontare quei momenti, quelle situazioni che sono più difficili. Così troveremo Gesù a pregare nell’orto del Getsemani ricordando il momento in cui sceglie di abbandonarsi completamente alla volontà del Padre e accoglie la conseguenza di questo, cioè la possibilità di essere ucciso: tutto questo avviene nella preghiera. La forza di stare di fronte alla tentazione nasce dalla preghiera.
Noi dovremmo scoprire, o riscoprire, come essenziale alla vita cristiana, la preghiera. E scoprire come la preghiera d’intercessione, ossia la preghiera per gli altri, diventa un dono straordinario.
Paolo, nella seconda lettura, ci dice che è «bene camminare nella luce e sostenerci a vicenda»: questo sostegno a vicenda innanzitutto è preghiera. Questo poi si manifesta anche nella carità ma la preghiera è ciò che modella dentro di me la capacità stessa di Dio di diventare carità.
Il primo è l’acqua, acqua che ci ricorda il nostro Battesimo. Il percorso della Quaresima nel rito ambrosiano è un percorso battesimale dove siamo invitati a riscoprire il fondamento della nostra esperienza di fede che è il Battesimo. Se siamo qui oggi è per il nostro Battesimo. Attraverso l’azione dello Spirito in noi possiamo progressivamente imparare ad accogliere Gesù come il Signore. È la mozione dello Spirito che ci sostiene nel cammino della fede. Da soli non riusciremmo a farlo e credo sia un’esperienza che tutti condividiamo: ci sono periodi in cui siamo più disponibili e quindi ci viene spontaneo o ci viene bene accogliere la Parola di Dio, vivere secondo i suoi insegnamenti, mentre ci sono giorni in cui siamo a volte impigriti, a volte disorientati, a volte dubbiosi. L’azione dello Spirito è ciò che ci permette di crescere progressivamente nell’accoglienza di una Parola che diventi per noi sempre più importante. Il Battesimo è allora una realtà che dobbiamo sempre riscoprire, alla quale tornare sempre con grande gioia e fiducia. L’immagine dell’acqua ci ricorda il gesto fisico dell’essere immersi in una vita nuova, ma l’acqua è vita, senza acqua non c’è vita. L’acqua è donata per purificarci e sappiamo bene come l’acqua sia preziosa; ce ne rendiamo solamente quando non c’è, altrimenti è così comune per noi avere l’acqua da non riuscire a dare il giusto peso, la giusta importanza. Il tema dell’acqua è invito, nel cuore di questa Quaresima, a decidere come vogliamo vivere da cristiani il nostro essere battezzati.
L’altro tema è quello della preghiera. Nella stessa pagina di cui abbiamo parlato dell’acqua, troviamo l’invito alla preghiera con un’immagine molto forte: Mosè che prega e la sua preghiera è sostegno nella battaglia, quando smette, quando abbandona le braccia, il suo popolo è in difficoltà. Al di là del collegamento immediato tra preghiera che fa vincere e non-preghiera che determina una sconfitta, quello che possiamo dire è che la preghiera è una possibilità straordinaria che noi non abbiamo ancora compreso in tutta la sua forza. Qualcuno potrebbe chiedersi “perché è necessario pregare? In fondo, perché è necessario raccontare a Dio quello che Lui già sa o chiedergli quello che, se è buono, dovrebbe già darmi?”. Noi preghiamo perché Gesù pregava. Gesù ha imparato a pregare da Maria, Giuseppe, dalla sua comunità e quella preghiera costante che il Vangelo ci testimonia come essere un’urgenza, tanto da vederlo levato a lungo nella notte e svegliarsi presto al mattino, dice come sia essenziale custodire un rapporto personale con Dio perché questo sostenga, e soprattutto ci dia la forza di affrontare quei momenti, quelle situazioni che sono più difficili. Così troveremo Gesù a pregare nell’orto del Getsemani ricordando il momento in cui sceglie di abbandonarsi completamente alla volontà del Padre e accoglie la conseguenza di questo, cioè la possibilità di essere ucciso: tutto questo avviene nella preghiera. La forza di stare di fronte alla tentazione nasce dalla preghiera.
Noi dovremmo scoprire, o riscoprire, come essenziale alla vita cristiana, la preghiera. E scoprire come la preghiera d’intercessione, ossia la preghiera per gli altri, diventa un dono straordinario.
Paolo, nella seconda lettura, ci dice che è «bene camminare nella luce e sostenerci a vicenda»: questo sostegno a vicenda innanzitutto è preghiera. Questo poi si manifesta anche nella carità ma la preghiera è ciò che modella dentro di me la capacità stessa di Dio di diventare carità.
L’immagine dominante di questa liturgia della Parola è la luce, legata a questo evento straordinario della guarigione di un cieco dalla nascita. La luce. Nel giorno del Battesimo la luce viene consegnata una candela al papà o al padrino con queste parole: «ricevete la Luce di Cristo. A voi il compito di custodirla» perché la luce è certamente un dono prezioso, straordinario. Noi siamo abituati a stare sempre nella luce, difficilmente siamo proprio al buio poiché abbiamo tanti strumenti che ci permettono di vedere, ma se fossimo nel buio più oscuro ci renderemmo conto di come il desiderio della luce diventerebbe un desiderio dell’aria, anche perché la luce è quella realtà che mi permette di vedere le cose così come sono, mi permette di vedere i colori, le forme. Lo straordinario che accade nella vita di quest’uomo è che prima non ci vedeva e poi l’incontro con Gesù gli permette di fare un’esperienza che non aveva mai fatto ed è contentissimo. Continua a dire a tutti che è entusiasta, mentre tutt’intorno vede gente che non è contenta: non sono contenti quelli che sono vicini a lui lungo la strada che quasi non lo riconoscono; non sono contenti i farisei che non possono neanche immaginare che sia accaduta una cosa del genere e pensavano “se uno è cieco è perché i suoi genitori o lui stesso si è comportato male, ha peccato”, non è possibile che uno possa guarire da una condanna che è frutto del peccato; anche i suoi genitori hanno paura di accogliere la novità che è accaduta al loro figlio perché temono di essere allontanati dalla sinagoga e dalla vita della comunità. Lui impara piano piano, stando di fronte a tutti, a riconoscere che Gesù è quel tale, è un profeta ed è il Signore.
Camminare nella luce, essere uomini e donne autentiche, che sanno che cosa desiderano dalla vita, uomini e donne che hanno scelto di essere cristiani e per questo scelgono che il compito della loro vita sia piacere a Dio prima di tutto, prima di tutti. È questa la grande sfida che ogni giorno ci offre il Signore Gesù: essere cristiani non per essere migliori degli altri, non per mostrare di essere capaci più degli altri, di aver capito più degli altri ma cristiani perché lieti, contenti di appartenere a Colui che ha la pretesa di dare senso a tutte le scelte della vita, armonizzate non tanto intorno alla nostra volontà che, come abbiamo etto all’inizio può essere un po’ altalenante, ma affidati alla sua stessa presenza che nello Spirito Santo ci sostiene.
Questo tempo di Quaresima, allora, che ancora ci rimane sono giorni nel quale riscoprire il nostro Battesimo, rendere grazie a Dio per questo dono, il dono della vita nello Spirito, per scegliere la preghiera come elemento essenziale delle nostre giornate (mattino, sera), l’invocazione dello Spirito prima di iniziare il lavoro, prima di incontrare una persona, prima di prendere una decisione. Avere poi come regola di vita l’essere uomini e donne che camminano nella luce, luminose, autentiche, sincere, vere: persone che quando le si incontra si pensi “che bello!”. Uomini che hanno anche una capacità di stare nelle scelte fatte, nelle convinzioni che si sono nel tempo acquisite, confrontandosi con gli altri ma avendo il coraggio di dire la propria ragione con rispetto, con umiltà, ma anche con franchezza.
In questa settimana l’opera di misericordia corporale che mettiamo a fuoco nel nostro percorso è visitare gli infermi: molti di noi hanno avuto l’occasione nel corso della vita di incontrare l’infermità propria o dei propri cari, molti hanno dovuto stare in qualche corsia di ospedale oppure hanno dovuto affrontare lunghi percorsi di cura. C’è chi tra noi si prende cura quotidianamente di chi è infermo. Questo esercizio della carità, che è lo stare accanto a chi è nella sofferenza, possiamo viverlo tutti almeno come preghiera, credendo nella forza dell’intercessione, credendo che è molto di più di quanto noi pensiamo. Sarà proprio questa preghiera a muovere il cuore verso di lui, perché non è facile stare accanto a chi è infermo, anche se è della nostra famiglia, anche se è vicino a noi.
Camminare nella luce, essere uomini e donne autentiche, che sanno che cosa desiderano dalla vita, uomini e donne che hanno scelto di essere cristiani e per questo scelgono che il compito della loro vita sia piacere a Dio prima di tutto, prima di tutti. È questa la grande sfida che ogni giorno ci offre il Signore Gesù: essere cristiani non per essere migliori degli altri, non per mostrare di essere capaci più degli altri, di aver capito più degli altri ma cristiani perché lieti, contenti di appartenere a Colui che ha la pretesa di dare senso a tutte le scelte della vita, armonizzate non tanto intorno alla nostra volontà che, come abbiamo etto all’inizio può essere un po’ altalenante, ma affidati alla sua stessa presenza che nello Spirito Santo ci sostiene.
Questo tempo di Quaresima, allora, che ancora ci rimane sono giorni nel quale riscoprire il nostro Battesimo, rendere grazie a Dio per questo dono, il dono della vita nello Spirito, per scegliere la preghiera come elemento essenziale delle nostre giornate (mattino, sera), l’invocazione dello Spirito prima di iniziare il lavoro, prima di incontrare una persona, prima di prendere una decisione. Avere poi come regola di vita l’essere uomini e donne che camminano nella luce, luminose, autentiche, sincere, vere: persone che quando le si incontra si pensi “che bello!”. Uomini che hanno anche una capacità di stare nelle scelte fatte, nelle convinzioni che si sono nel tempo acquisite, confrontandosi con gli altri ma avendo il coraggio di dire la propria ragione con rispetto, con umiltà, ma anche con franchezza.
In questa settimana l’opera di misericordia corporale che mettiamo a fuoco nel nostro percorso è visitare gli infermi: molti di noi hanno avuto l’occasione nel corso della vita di incontrare l’infermità propria o dei propri cari, molti hanno dovuto stare in qualche corsia di ospedale oppure hanno dovuto affrontare lunghi percorsi di cura. C’è chi tra noi si prende cura quotidianamente di chi è infermo. Questo esercizio della carità, che è lo stare accanto a chi è nella sofferenza, possiamo viverlo tutti almeno come preghiera, credendo nella forza dell’intercessione, credendo che è molto di più di quanto noi pensiamo. Sarà proprio questa preghiera a muovere il cuore verso di lui, perché non è facile stare accanto a chi è infermo, anche se è della nostra famiglia, anche se è vicino a noi.
Abbiamo bisogno di sostenerci gli uni gli altri - come dice Paolo nella seconda lettura - ed essere sostenuti dal Signore nella preghiera e di avere il coraggio di fare qualche passo che avremmo avuto fare tempo fa: magari ci sono persone che sono ammalate da tempo e che abbiamo un po’ dimenticato oppure abbiamo rimandato una parola, una visita, il tempo passa e ci sembra che sia incolmabile. Accettiamo di essere anche un po’ rimproverati per questo tempo mancato ma non continuiamo a rimandare, magari ci sarà un tempo in cui non potremo più fare nulla. Il Signore ci aiuti ad avere il coraggio di rendere concreto il nostro modo di operare perché il nostro camminare nella luce non sia solamente un buon proposito ma diventi uno stile che accompagna le nostre giornate e che diventa, nella semplicità dei gesti, anche una buona testimonianza verso coloro che sono alla ricerca del Volto di Dio che si rivela anche attraverso di noi.
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