10 aprile 2016 - III domenica di Pasqua


Paolo fece chiamare i notabili dei giudei, i quali dissero «è bene ascoltare quello che tu pensi». Paolo si fa carico, pur essendo prigioniero, di continuare quell’opera di apostolo che ha ricevuto per grazia di Gesù Cristo e che gli è stata donata per suscitare l’obbedienza della fede in tutte le genti a gloria del Suo nome. Paolo è consapevole che questo annuncio non è sempre accolto; anche i notabili dei giudei si mostrano alcuni persuasi, altri no, ma sa che è «punto d’onore - così dice nelle sue lettere - annunciare il Vangelo». L’essere apostolo non è un compito ma un dono. Pertanto non si tira indietro e lo fa con un’intensità che tutti gli Atti degli Apostoli ci raccontano e le sue lettere ci testimoniano.
Annunciare il Vangelo di Gesù, che è Gesù, mostrare che la Luce del mondo non è un’opinione ma è la strada per la piena conoscenza del Volto di Dio: «chi conosce me conosce il Padre». Questa conoscenza va alimentata, non può rimanere in superficie. Paolo nelle sue lettere incontra diverse persone, ad alcuni parla in modo più semplice, ad altri propone argomentazioni più approfondite. Ciascuno riceve un messaggio adeguato al suo cammino perché sempre di più possa orientare il cuore verso il Signore. Noi veniamo all’Eucaristia proprio per questo, per lasciare che il nostro cuore sempre di più sia orientato a Lui e perché la nostra vita sempre di più sia testimonianza del nostro appartenere al Signore perché come Lui è la Luce del mondo, anche noi siamo chiamati a essere luce e a testimoniare questa nostra appartenenza.
In questa domenica noi poniamo la nostra attenzione su questa parola che abbiamo ascoltato e anche sull’opera di misericordia spirituale che è quella di insegnare agli ignoranti. Detto così sembra un po’ offensivo. In realtà non dobbiamo pensare agli ignoranti come a qualcuno che è esterno a noi, come se dovessimo noi insegnare ad altri, ma dobbiamo sentirci anche un po’ noi in questa condizione di ignoranza. In realtà anche tra coloro che sono credenti e praticante c’è un’ignoranza della fede. Non è certo un dato statistico né scientifico ma in alcune occasioni - capita ad esempio quando ci sono dei quiz che hanno un’attinenza a carattere religioso vedere persone in imbarazzo e fare delle figure da “piccineria” - manca una cultura religiosa. Questa mancanza di conoscenza è il luogo dove più facilmente può nascere l’errore e la superstizione. Conoscere vuol dire imparare ad amare. Già i Padri della Chiesa dicevano che ignorare le Scritture significa ignorare Cristo. Questo insegnare agli ignoranti allora non è tanto un’azione che dobbiamo fare verso gli altri, come a dire “vi istruisco io” ma è lasciarsi guidare noi stessi da una volontà di conoscere di più, di andare più in profondità, di non rimanere in superficie, di non accontentarci di qualche notizia, di qualche informazione che raccogliamo durante la Messa o che peschiamo nel nostro passato, soprattutto magari da ragazzi. Possiamo cogliere l’urgenza di conoscere, di imparare, di stare alla scuola del Vangelo attraverso piccoli suggerimenti. Li ho riportati anche sul ComUnità e li ripeto perché possiamo un po’ farli nostri.
Potrebbe essere lo scegliere di venire qualche minuto prima in Chiesa e leggere le letture che verrano proclamate durante l’Eucaristia: creeremmo un clima di silenzio, di ascolto e soprattutto disporremmo il cuore a quello che poi ci verrà proclamato. Potremmo scegliere anche di leggerle prima di venire alla Messa creando un desiderio del cuore di poter ricevere la Parola di Dio come dono. Leggendo prima facciamo in mondo che durante la lettura queste parole risuonino dentro di noi, ma soprattutto diamo fiducia a Dio e crediamo che veramente che la Sua Parola - a differenza delle altre - è capace di creare e risuona dentro di noi e porta frutto.
Possiamo scegliere che in mezzo alle tante attenzioni che abbiamo, ma anche alle letture che facciamo normalmente di quotidiani e riviste, ci sia lo spazio anche per qualche articolo che ci rimandi a un approfondimento di qualche argomento della fede, perché solamente così possiamo diventare capaci di rendere ragione della nostra speranza, della nostra fiducia con franchezza e discrezione, ma anche con la consapevolezza che quello che abbiamo scelto, quello che celebriamo, caratterizza la nostra vita. Possiamo così stare di fronte a tutti non con la presunzione di insegnare nel senso di convincere o del convertire, ma del lasciare dei segni e soprattutto di non lasciarci confondere da nuove esperienze religiose o da altre opinioni che si diffondono facilmente anche attraverso la rapidità della comunicazione così come la conosciamo nei nostri giorni.  Possiamo lasciarci anche guidare da qualche buona lettura, chiedere a qualcuno che ci indichi dei testi di approfondimento della Parola di Dio oppure di argomenti che riguardano il percorso della vita spirituale, come in questo anno giubilare potrebbe essere letture che riguardano il tema della Misericordia. È sicuramente strada benefica, promettente dal punto di vista dell’approfondimento della fede, della scelta della fede, affidarsi al magistero, quello del Papa e quello dei nostri Vescovi.
Così non possiamo accontentarci, anche in questi giorni, di leggere le notizie che corrono tra i programmi televisivi, nei telegiornali che parlano dell’ultima esortazione apostolica post-sinodale sulla famiglia: non possiamo pensare di conoscere attraverso il pensiero di un giornalista.
Così anche apprezzare di più le proposte che vengono fatte di approfondimento della fede nelle nostre comunità: la catechesi degli adulti, l’incontro sulla Parola di Dio. Sono occasioni che spesso vengono poco raccolte e valorizzate. È vero che abbiamo tante cose da fare, è vero che il ritmo della vita è faticoso, il lavoro, la famiglia, altri impegni, ma solamente la conoscenza crea l’amore e l’amore fa in modo che la partecipazione all’Eucaristia sia più vivace perché è preparata, desiderata, voluta, altrimenti viene un po’ subita. Veniamo ma senza che il nostro cuore entri in sintonia.
Un altro modo molto concreto è quello di parlare delle esperienze della fede, di dire le proprie motivazioni per cui uno sceglie di partecipare all’Eucaristia, ma anche quello di confrontarsi su quelli che sono i temi che ci mettono in difficoltà, mantenendo un livello di comunicazione che non è quello della chiacchiera, della lamentela, del giudizio affrettato - anche questo magari frutto di qualcosa riportato da altri. Confrontarsi sull’esperienza della fede è un atto di umiltà, di coraggio ma anche un gesto di carità verso l’altro.
Credo poi che ci sia una modalità molto concreta che è quella di evitare di guardare alcuni programmi, alcune letture, alcune immagini. Può accadere che poi al lavoro tutti parlino di quel particolare programma che va per la maggiore in questo periodo e tu non ne sai nulla: tu non sei tagliato fuori, ma hai scelto di vivere il tuo tempo in maniera diversa. Non tutto ciò che guardiamo è buono. I Padri della Chiesa dicevano “uno diventa ciò che legge”, e noi possiamo dire anche “uno diventa ciò che guarda”. Avere cura della propria interiorità passa attraverso anche questa esperienza, ma crescere nella conoscenza vuol dire crescere nell’amore, significa arrivare qui con il desiderio che il mio cuore sia orientato al Signore perché lui è la Luce del mondo e a me ha detto «Tu sei luce del mondo». Perché io possa irradiare questa luce ho bisogno di conoscerla, di amarla, di apprezzarla, di valorizzarla in ogni ambito della mia vita. Non mi sarà mai chiesto di essere come Paolo ma mi sarà chiesto di essere me stesso, in ogni luogo dove vivo testimone del Signore Gesù.
Chiediamo allora al Signore di aiutarci a vivere così questa settimana ma soprattutto a imparare uno stile che ci permette di andare in profondità, di cogliere la bellezza della nostra esperienza di fede così da saperla testimoniare con la gioia di chi dice “è un dono” e per questo non lo posso tenere per me ma devo avere la possibilità di offrirlo ad altri. Perché questo avvenga ho bisogno di renderlo più solido, forte, di renderla una certezza che accompagna la mia vita in tutte le sue manifestazioni. Che il Signore ci aiuti a vivere così ricordandoci che Lui è la Luce del mondo ma anche noi possiamo essere coloro che permettono che questa risplenda.

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