17 aprile 2016 - IV domenica di Pasqua
C’è una vocazione che ci accomuna tutti: tutti siamo figli di Dio. Questo essere chiamati alla comunione con Dio è il cammino di ciascuno che poi si rivela, si manifesta, in un mondo singolare e particolare che chiamiamo vocazione. Questa parola, però, nella storia ha un’accezione che ci rimanda immediatamente alla vita consacrata, ai sacerdoti, ai religiosi. Tuttavia, essa ci ricorda come il nostro modo di vivere nasce dalla comunione con Dio, la qualità del nostro modo di vivere. Gesù dice che c’è una profonda comunione tra lui e il Padre ed è questa comunione che determina il suo modo di agire, di parlare, dà a lui la forza di compiere segni, di parlare anche davanti a coloro che lo osteggiano, di arrivare persino ad accettare la morte come condizione nella quale rivelare finalmente tutto se stesso come il volto misericordioso di Dio.
Se la nostra vocazione è essere figli, è essere santi possiamo, in relazione a questa profonda comunione con il Signore Gesù, intuire che come lui ha dato la vita così anche noi siamo chiamati a donarla. Ogni vocazione, in qualsiasi stato di vita, può trovare il suo senso in quella parola di Gesù «Se il chicco di grano caduto nella terra non muore, non porta frutto». Ognuno di noi può pensare alla propria vita in relazione a un dono e al modo in cui lo vive sia nella vita consacrata a Dio totalmente sia nella famiglia: questo è il modo che si manifesta, che diventa a tutti chiaro ma che viene alimentato costantemente nel rapporto con il Signore.
Se la nostra vocazione è essere figli, è essere santi possiamo, in relazione a questa profonda comunione con il Signore Gesù, intuire che come lui ha dato la vita così anche noi siamo chiamati a donarla. Ogni vocazione, in qualsiasi stato di vita, può trovare il suo senso in quella parola di Gesù «Se il chicco di grano caduto nella terra non muore, non porta frutto». Ognuno di noi può pensare alla propria vita in relazione a un dono e al modo in cui lo vive sia nella vita consacrata a Dio totalmente sia nella famiglia: questo è il modo che si manifesta, che diventa a tutti chiaro ma che viene alimentato costantemente nel rapporto con il Signore.
Se normalmente la vocazione è legata alla vita consacrata e in questa domenica la preghiera immediatamente sale al Signore in obbedienza a quella parola che abbiamo ascoltato «pregate il padrone della messe perché mandi operai alla sua messe», noi ci rendiamo conto come la vocazione è un’esperienza che può illuminare tutta la vita. Così noi chiamiamo vocazione anche alcuni modi di vivere il proprio tempo, il proprio lavoro. Non tutto è legato alla convenienza, all’opportunità. Ci sono uomini e donne che mostrano come alcuni lavori sono molto di più che il guadagnarsi il pane quotidiano, sono il modo di mettere al servizio degli uomini la propria vita.
Un’autentica vocazione nasce all’interno di un contesto che lo favorisce. Il Papa ci ricorda che ogni vocazione nasce dalla misericordia di Gesù, dal suo sguardo colmo di compassione. Ci ricorda come una comunità cristiana, una comunità autentica, può favorire la nascita di autentiche vocazioni, come la Chiesa custodisca, accompagni, benedica ogni scelta che è in ordine alla comunione con Dio che è risposta a quel desiderio di Dio di essere Padre e che è cammino personale e comunitario di santità.
Paolo ci ricorda tutto questo nella sua lettera, mostrandoci quella volontà ferma di compiere la volontà di Dio anche quando intorno a sé ha coloro che lo ostacolano oppure con il loro affetto cercano di modificare il suo percorso. Quando un uomo vive una profonda comunione con Dio affronta ogni evento della vita, non senza fatica o sofferenza, non senza timore ma nella consapevolezza di non essere abbandonato. Così Paolo è determinato nell’andare verso il compimento della sua vita. Non sa ancora bene cosa ne sarà ma desidera pienamente rispondere al progetto di Dio.
Oggi la nostra preghiera diventa invocazione per tutti coloro che sono alla ricerca della propria vocazione, in particolare guardiamo con stima ai nostri ragazzi, ai nostri giovani: spesso li guardiamo con un po’ di sufficienza, li vediamo distratti, così diversi dalle generazioni passate e non mettiamo in conto che loro sono i nostri figli e allora hanno bisogno di essere guidati, accompagnati nelle scelte di vita, sapendo che la loro libertà è inviolabile ma che, se ben educata, saprà portare un frutto straordinario, più grande di quello che noi pensiamo.
Preghiamo per tutti coloro che hanno scelto la vocazione, perché pur nella fatica quotidiana, pur nell’esperienza del peccato, delle ferite, possano sempre rinnovare la propria adesione sapendo che il Signore non si dimentica e che ti viene a cercare, ti porta con sé. Lui ti ha scelto e lo ha fatto con un amore e una gratuità e una consapevolezza che nessuno può togliere o mettere in dubbio.
Il nostro sguardo poi si allarga. Intorno alla visita di Papa Francesco a Lesmo si possono dire tante parole, si fa tanta retorica, si dicono parole buone di condivisione, di accoglienza e poi ci sono le parole di chi pretende che quest’uomo possa cambiare la storia dell’umanità. Ma lui che è un uomo come tutti ci ricorda essenzialmente che non si può far finta di nulla. Non si possono sapere tutti i problemi, non si possono cambiare gli eventi come si vorrebbe. Intorno a questo evento possiamo leggere tante parole ma ricordiamoci questo: Dio non fa finta di nulla. Poi sembra che non sappia dare risposte definitive, ma intanto pone continuamente dei semi che poi daranno un frutto, non alza certamente lui barriere, costruisce ponti e questi sono pericolosi perché ci chiedono sempre il coraggio di un’accoglienza, di uno sguardo che non giudica e che sa vedere oltre le apparenze.
Infine una parola sull’opera di misericordia di questa settimana: ammonire i peccatori. Nella comunità cristiana questo si vive in modo singolare attraverso quella pratica, difficile, che è la correzione fraterna, cioè avere l’umiltà di dire a un fratello che sappiamo essere nell’errore il suo sbaglio, non per umiliarlo, mortificarlo, escluderlo ma per esortarlo a cambiare atteggiamento, a cercare di vivere con umiltà la vita. Prima di fare questo è necessario che ciascuno di noi senta il peso della propria fatica e del peccato, perché solamente così sarà umile e capace di togliere la trave dal suo occhio prima di andare a cercare la pagliuzza in quello dell’altro. Un modo per fare questo, suggerito sul ComUnità, è quello di riscoprire o vivere con più intensità l’esame di coscienza, questa pratica di pietà, questo esercizio dello Spirito che è invito a guardare a ciò che Dio compie nella nostra vita e anche a riscoprire o andare a capire quali sono i fondamenti dei nostri atteggiamenti sbagliati, non per essere puniti ma perché nella correzione di se stessi possiamo dare al Corpo Santo di Dio, che è la Chiesa, una novità di atteggiamenti, comportamenti, parole che vanno a beneficio di tutti.
Che il Signore ci accompagni in questa domenica aiutandoci a riscoprire la nostra vocazione, a pregare per coloro che stanno per scegliere, a lasciarci guidare da quanti il Signore ha posto nella nostra vita come guide forti e coraggiose. Imparando a correggere noi stessi sappiamo con carità aiutare i nostri fratelli a ricordarsi che il Signore ci ha chiamati per nome, ci ha chiamati “amici” e vuole che il compimento della nostra vita sia essere suoi figli nella santità, cioè nella gioia piena.
Paolo ci ricorda tutto questo nella sua lettera, mostrandoci quella volontà ferma di compiere la volontà di Dio anche quando intorno a sé ha coloro che lo ostacolano oppure con il loro affetto cercano di modificare il suo percorso. Quando un uomo vive una profonda comunione con Dio affronta ogni evento della vita, non senza fatica o sofferenza, non senza timore ma nella consapevolezza di non essere abbandonato. Così Paolo è determinato nell’andare verso il compimento della sua vita. Non sa ancora bene cosa ne sarà ma desidera pienamente rispondere al progetto di Dio.
Oggi la nostra preghiera diventa invocazione per tutti coloro che sono alla ricerca della propria vocazione, in particolare guardiamo con stima ai nostri ragazzi, ai nostri giovani: spesso li guardiamo con un po’ di sufficienza, li vediamo distratti, così diversi dalle generazioni passate e non mettiamo in conto che loro sono i nostri figli e allora hanno bisogno di essere guidati, accompagnati nelle scelte di vita, sapendo che la loro libertà è inviolabile ma che, se ben educata, saprà portare un frutto straordinario, più grande di quello che noi pensiamo.
Preghiamo per tutti coloro che hanno scelto la vocazione, perché pur nella fatica quotidiana, pur nell’esperienza del peccato, delle ferite, possano sempre rinnovare la propria adesione sapendo che il Signore non si dimentica e che ti viene a cercare, ti porta con sé. Lui ti ha scelto e lo ha fatto con un amore e una gratuità e una consapevolezza che nessuno può togliere o mettere in dubbio.
Il nostro sguardo poi si allarga. Intorno alla visita di Papa Francesco a Lesmo si possono dire tante parole, si fa tanta retorica, si dicono parole buone di condivisione, di accoglienza e poi ci sono le parole di chi pretende che quest’uomo possa cambiare la storia dell’umanità. Ma lui che è un uomo come tutti ci ricorda essenzialmente che non si può far finta di nulla. Non si possono sapere tutti i problemi, non si possono cambiare gli eventi come si vorrebbe. Intorno a questo evento possiamo leggere tante parole ma ricordiamoci questo: Dio non fa finta di nulla. Poi sembra che non sappia dare risposte definitive, ma intanto pone continuamente dei semi che poi daranno un frutto, non alza certamente lui barriere, costruisce ponti e questi sono pericolosi perché ci chiedono sempre il coraggio di un’accoglienza, di uno sguardo che non giudica e che sa vedere oltre le apparenze.
Infine una parola sull’opera di misericordia di questa settimana: ammonire i peccatori. Nella comunità cristiana questo si vive in modo singolare attraverso quella pratica, difficile, che è la correzione fraterna, cioè avere l’umiltà di dire a un fratello che sappiamo essere nell’errore il suo sbaglio, non per umiliarlo, mortificarlo, escluderlo ma per esortarlo a cambiare atteggiamento, a cercare di vivere con umiltà la vita. Prima di fare questo è necessario che ciascuno di noi senta il peso della propria fatica e del peccato, perché solamente così sarà umile e capace di togliere la trave dal suo occhio prima di andare a cercare la pagliuzza in quello dell’altro. Un modo per fare questo, suggerito sul ComUnità, è quello di riscoprire o vivere con più intensità l’esame di coscienza, questa pratica di pietà, questo esercizio dello Spirito che è invito a guardare a ciò che Dio compie nella nostra vita e anche a riscoprire o andare a capire quali sono i fondamenti dei nostri atteggiamenti sbagliati, non per essere puniti ma perché nella correzione di se stessi possiamo dare al Corpo Santo di Dio, che è la Chiesa, una novità di atteggiamenti, comportamenti, parole che vanno a beneficio di tutti.
Che il Signore ci accompagni in questa domenica aiutandoci a riscoprire la nostra vocazione, a pregare per coloro che stanno per scegliere, a lasciarci guidare da quanti il Signore ha posto nella nostra vita come guide forti e coraggiose. Imparando a correggere noi stessi sappiamo con carità aiutare i nostri fratelli a ricordarsi che il Signore ci ha chiamati per nome, ci ha chiamati “amici” e vuole che il compimento della nostra vita sia essere suoi figli nella santità, cioè nella gioia piena.
Commenti
Posta un commento