16 ottobre 2016 - Dedicazione del Duomo di Milano


Ogni domenica è un giorno di festa e noi lo caratterizziamo anche con la partecipazione all’Eucaristia. Ogni giorno noi siamo contenti della nostra vita ma un giorno all’anno, in modo particolare, molti si ricordano di noi e ci fanno degli auguri, ci ricordano il bene che siamo attraverso delle parole belle, buone. Oggi è la festa della Cattedrale del Duomo di Milano, è un po’ il compleanno di questa chiesa che è la Chiesa madre di tutti i fedeli ambrosiani. La chiamiamo “cattedrale” perché lì il Vescovo ha la sua cattedra, il luogo dal quale insegna. L’Arcivescovo, per noi oggi Angelo Scola, ha il compito di guidare la Chiesa a lui affidata nell’ascolto della Parola di Dio, nella docilità allo Spirito Santo per vivere nella carità.
Dobbiamo allora domandarci oggi che cosa significa per noi appartenere alla Chiesa, non solo a questa comunità cristiana ma alla Chiesa Ambrosiana e alla Chiesa Universale. Spesso, purtroppo, della Chiesa anche noi parliamo in modo superficiale e spesso la pensiamo una realtà molto distante da noi, un’istituzione governata da alcune persone e che ci riguarda poco perché non abbiamo sempre coscienza del fatto che nel giorno del nostro Battesimo noi siamo entrati a far parte del popolo di Dio, della Chiesa e che la Chiesa non si identifica con le istituzioni, anche se quelle hanno un grosso peso. La Chiesa siamo tutti noi. Il Concilio Vaticano II ha ridetto con grande autorevolezza che la Chiesa è il popolo di Dio e che il popolo di Dio comprende tutti i battezzati, non solo quelli che all’interno della Chiesa hanno un compito o un ruolo, un ministero, un potere.
Anche solamente in un’analisi molto superficiale (quasi banale) dovremmo renderci conto che siamo di fronte a una realtà che non può essere unicamente degli uomini perché chi di voi conosce la storia sa che l’umanità ha sempre avuto delle influenze dettate da alcune realtà importanti (regni, imperi) oppure da correnti di pensiero che però nella storia sono sempre venuti meno. Certo, hanno dettato per un periodo una grossa influenza ma poi sono scomparse. Anche la Chiesa ha vissuto momenti molto diversi nella sua storia, anche in questa realtà che è la Chiesa di Milano, anche il nostro Duomo non è la prima chiesa cattedrale della nostra Diocesi ma è quella che ci è stata consegnata tra il 1500 e il 1600, ma ancora più antica è una chiesa che si trova sotto il nostro Duomo. In questa trasformazione legata agli eventi la cosa che è rimasta vera e che nessuno può negare è che una realtà nata dalla povertà di alcuni uomini è rimasta nella storia un punto di riferimento, e lo è ancora nonostante tutte le indagini sociologiche o le indagini che vengono fatte dicono che continuamente la Chiesa Cattolica stia perdendo capacità di parlare all’uomo moderno.
Perché diciamo questo? Dobbiamo innanzitutto recuperare l’orgoglio e la gioia di essere parte di una comunità che è la Chiesa. Lo facciamo usando le parole del Vangelo, raccogliendo tre immagini.
La prima immagine è quella di un albero. L’albero si riconosce dal suo frutto e un albero che dà un frutto buono è un albero buono. Nel Prefazio (la preghiera che introduce la preghiera eucaristica) diciamo che la chiesa è come una vite che estende i suoi tralci in tutto il mondo perché è appoggiata all’albero della croce. La Chiesa è affidata gli uomini e gli uomini, come ci dice il Papa costantemente, possono sbagliare. D’altra parte, l’origine stessa della Chiesa ci parla di una fragilità, il primo a guidarla è stato uno degli amici di Gesù che nel momento più importante ha detto “non lo conosco, non so neanche chi sia” ma Gesù ha affidato a lui questa realtà che è diventata sempre più grande, fino ai giorni nostri. La Chiesa è di Dio ma affidata agli uomini e gli uomini possono sbagliare, tutti possono sbagliare. Avere questa consapevolezza non significa scusare, non significa condannare ciò che è peccato, ciò che è male e punire ciò che è sbagliato ma significa sempre che lo sguardo che Dio ha sull’umanità è uno sguardo sempre non al passato. Io, la Chiesa non è mai la somma dei suoi errori ma sempre la possibilità di compiere e agire bene. Il primo pensiero che dobbiamo custodire è proprio questo: la Chiesa siamo noi e il cammino di santità di ciascuno di noi contribuisce a rendere bella la Chiesa.
La seconda immagine è la bocca e il cuore. Gesù dice che la bocca parla dalla sovrabbondanza del cuore, dalla pienezza del cuore. Il cuore non è solamente un muscolo nel linguaggio della Bibbia che ci permette di stare in vita, il cuore è la persona stessa. Dio dice io non guardo l’apparenza ma il cuore. Avere cura del proprio cuore è un’arte difficile, la più difficile di tutte ma noi siamo il nostro cuore e anche le parole nascono da quello che siamo interiormente. Come possiamo educare il nostro cuore ad essere sempre di più in comunione con Dio se non ascoltiamo mai il Signore, se non abbiamo mai tempo per la sua Parola? Abbiamo tempo per tante altre parole che ogni giorno tempestano la nostra mente e si depositano nel nostro cuore. Dovrebbe essere per noi un’esigenza, un motivo di orgoglio tenere in mano la parola di Dio, il Vangelo e farlo diventare - come diceva il Papa ai giovani quest’estate - il navigatore della propria vita, non perché nel Vangelo ci siano tutte le risposte immediate alle domande più grandi o quello che dobbiamo fare ma, certo, ci sono gli strumenti che ci dono la possibilità di scegliere in ordine al bene. La bocca parla dalla pienezza del cuore ma questo cuore deve essere alimentato anche da una parola che non può essere semplicemente quella del buon senso, quella gridata dai giornali, dalle riviste. Noi abbiamo bisogno di dimorare in una parola che sia guida al cammino, lampada ai nostri passi.

Infine, l’ultima immagine che conosciamo bene: la casa sulla roccia. Chi di voi ha costruito una casa sa che le fondamenta sono essenziali, anche se poi terminata la casa non si vedono. Speso noi abbiamo identificato la Chiesa con la sua forza e spesso pensiamo che sia vincente quando ha tanto consenso. In realtà dobbiamo ricordarci che la pietra fondamento della Chiesa è Cristo e Cristo è morto sulla croce. Appartenere al popolo dei credenti significa appartenere a un uomo, Dio, che ha dato la vita. La croce non è apparentemente quella di un vincente, di uno forte ma solamente la custodia di quel fondamento ci permette di vivere un’esperienza di Dio che faccia in modo che la nostra testimonianza non sia basata sull’imposizione, sulla pretesa di avere tutte le risposte ma sul desiderio di proporre un cammino da vivere insieme, per questo siamo Chiesa, per questo la fede non si può vivere privatamente, per questo abbiamo bisogno di trovarci insieme a celebrare.
Chiediamo al Signore di aiutarci a crescere sempre di più nella consapevolezza che noi possiamo contribuire alla bellezza della Chiesa, portando frutti di santità; che noi possiamo contribuire alla bellezza della Chiesa benedicendo con le nostre parole perché abbiamo imparato da una Parola che è quella del Signore che è sempre benedizione; e perché noi possiamo giocare la nostra vita fondandola su Cristo. Il modo più concreto è quella di amare la propria Chiesa che è la propria parrocchia mettendoci al servizio di essa. Quante volte diciamo “non ho tempo” e ci dimentichiamo invece che anche una piccola partecipazione può permettere a tutti di fare esperienze buone.
Siamo poi lieti perché ieri un gruppo dei nostri chierichetti si è recato a Milano per il Giubileo dei Chierichetti, ha incontrato l’Arcivescovo e questo segno dice il profondo legame che c’è tra questa realtà alla periferia della diocesi e il cuore della nostra diocesi che è appunto il duomo. Anche questi piccoli segni educano i nostri ragazzi ma anche noi a sentirci parte di un popolo in cammino. Che il Signore ci dia la gioia di sentire che l’appartenenza a Lui nella chiesa può essere per noi strada verso la santità della vita.

Commenti

Post popolari in questo blog

La nonna Giselda

Santo Natale 2023 - Il Dio di Gesù Cristo ci conceda la pace

Quaresima il tempo per rendere bella la vita