2 ottobre 2016 - V domenica dopo il martirio di San Giovanni
È davvero possibile che sia il tema della misericordia a mettere tutti gli uomini nella condizione di poter creare un dialogo, di poter aprire strade di collaborazione, di sguardo comune sul bene di tutti? Ancora di più, del pensiero di Dio, dell’idea di Dio? Perché nelle varie tradizioni religiose il volto di Dio non è sempre uguale. Così anche per la misericordia ci sono delle distinzioni, delle differenze ma tuttavia essa è un’esperienza comune a ogni esperienza religiosa. È su questo terreno, su questa realtà che si possono costruire strade di collaborazione.
La misericordia che noi oggi ancora una volta mettiamo al centro della nostra riflessione, della nostra preghiera, è riferita in modo essenziale alla figura di Gesù, non è solamente un enunciato, un proclamo ma è un’esperienza, è una vita vissuta da Gesù. È un messaggio per tutti e per questo è universale, come ci dice la prima lettura la mia casa è casa di preghiera per tutti: il Vangelo non è per alcuni ma per tutti coloro che lo vogliono accogliere. Questo messaggio non può non fare riferimento all’esperienza di Gesù perché quello che lui ci dice è quello che lui ha vissuto e noi dovremmo sempre di più misurarci con lui, con Gesù e abbandonare le vie del buon senso, di quello che ci pare giusto, di quello che sentiamo giusto. Quando Gesù parla della misericordia del Padre ci fa riferire essenzialmente alla sua vita, che è stata in comunione col Padre. Le parole «amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male» sono difficili e se le misuriamo sulla nostra volontà e sulle nostre forze subito ci arrendiamo. Ma se è vero che noi siamo di Cristo, siamo cristiani ed è per questo che siamo qui oggi, è vero anche che noi siamo chiamati a vivere come Gesù e a non pensare che questo riguarda lui, perché è il Figlio di Dio, perché è un uomo straordinario. È la strada alta del Vangelo che ci chiede di camminare in questo percorso non avendo come preoccupazione quella di essere subito capaci di fare ma di educarci ogni giorno, sempre di più, a imitare Gesù che non ha maledetto coloro che gli facevano del male, che non ha cercato Giuda per punirlo o castigarlo, che a tutti coloro che venivano incontro a lui, anche a chi cercava di imbrogliarlo o di metterlo in difficoltà, ha sempre mantenuto un atteggiamento di franchezza e di carità.
Se noi allora in questo anno della misericordia vogliamo imparare davvero qualche cosa, innanzitutto dobbiamo partire dal punto di partenza più semplice e più difficile: accettare di essere noi per primi amati, perdonati, di essere noi per primi bisognosi di misericordia perché solo così poi saremo capaci di offrire misericordia. È necessario che noi per primi ci mettiamo nell’atteggiamento di chi sente il bisogno di essere cercato, amato, perdonato. Questa parola, allora, che è stata ripetuta tante volte in questo anno giubilare «siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso» può correre il rischio di diventare un’espressione che ripetendola diventa un po’ noiosa e non ci permette di andare in profondità, ma può anche essere che, per alcuni, il ripetere costantemente questo invito diventi l’occasione per andare in profondità, per fare diventare sempre di più sua questa parola.
Chiediamo al Signore che la misericordia sia prima di tutto un’esperienza che viviamo per poi poterla regalare agli altri.
Preghiamo anche per il Santo Padre che si trova oggi in Azerbaijan, una visita in una comunità che per la grandissima parte non è cristiana. Anche in questi giorni il Papa ha offerto parole chiare circa quel progetto di Dio sull’umanità che vede l’unione tra l’uomo e la donna la prima comunità benedizione di Dio, immagine di Dio. Poi le parole chiare sui processi di pace che devono coinvolgere tutti, non solo la buona volontà di chi mette in gioco la propria vita per i più deboli ma anche chi ha responsabilità più grandi. L’invito poi all’unità, perché tutti coloro che si riconoscono credenti nel Dio di Gesù Cristo, siano più uniti e sappiano superare quelle divisioni che storicamente ci hanno tenuti lontani ma che oggi ci chiedono di essere insieme per dire una parola di Vangelo che parli ad ogni uomo, anche a chi è distratto o ostile.
Oggi è anche la festa degli angeli custodi, da qualche tempo è abbinata anche alla festa dei nonni. Noi come cristiani ricordiamo i nonni in particolare quando facciamo memoria dei Santi Gioacchino e Anna, genitori di Maria, ma cogliamo questo invito che ci viene dal mondo civile a guardare con grande stima a tutti i nonni. Preghiamo per coloro che hanno la grazia di essere nonni: non sono solamente un importante e fondamentale supporto sociale, le famiglie ne possono godere del loro servizio, della loro presenza; i nonni possono essere dei maestri di vita, possono attingere alla loro esperienza umana, cristiana e insegnare ai piccoli e non solo ai piccoli nipoti, strade di vita quotidiana e là dove è possibile, strade di Vangelo. Ringraziamo allora per tutti coloro che hanno questa grazia. Il Signore li benedica e siano capaci nella loro quotidianità di insegnare vie di misericordia ai loro nipoti.
La misericordia che noi oggi ancora una volta mettiamo al centro della nostra riflessione, della nostra preghiera, è riferita in modo essenziale alla figura di Gesù, non è solamente un enunciato, un proclamo ma è un’esperienza, è una vita vissuta da Gesù. È un messaggio per tutti e per questo è universale, come ci dice la prima lettura la mia casa è casa di preghiera per tutti: il Vangelo non è per alcuni ma per tutti coloro che lo vogliono accogliere. Questo messaggio non può non fare riferimento all’esperienza di Gesù perché quello che lui ci dice è quello che lui ha vissuto e noi dovremmo sempre di più misurarci con lui, con Gesù e abbandonare le vie del buon senso, di quello che ci pare giusto, di quello che sentiamo giusto. Quando Gesù parla della misericordia del Padre ci fa riferire essenzialmente alla sua vita, che è stata in comunione col Padre. Le parole «amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male» sono difficili e se le misuriamo sulla nostra volontà e sulle nostre forze subito ci arrendiamo. Ma se è vero che noi siamo di Cristo, siamo cristiani ed è per questo che siamo qui oggi, è vero anche che noi siamo chiamati a vivere come Gesù e a non pensare che questo riguarda lui, perché è il Figlio di Dio, perché è un uomo straordinario. È la strada alta del Vangelo che ci chiede di camminare in questo percorso non avendo come preoccupazione quella di essere subito capaci di fare ma di educarci ogni giorno, sempre di più, a imitare Gesù che non ha maledetto coloro che gli facevano del male, che non ha cercato Giuda per punirlo o castigarlo, che a tutti coloro che venivano incontro a lui, anche a chi cercava di imbrogliarlo o di metterlo in difficoltà, ha sempre mantenuto un atteggiamento di franchezza e di carità.
Se noi allora in questo anno della misericordia vogliamo imparare davvero qualche cosa, innanzitutto dobbiamo partire dal punto di partenza più semplice e più difficile: accettare di essere noi per primi amati, perdonati, di essere noi per primi bisognosi di misericordia perché solo così poi saremo capaci di offrire misericordia. È necessario che noi per primi ci mettiamo nell’atteggiamento di chi sente il bisogno di essere cercato, amato, perdonato. Questa parola, allora, che è stata ripetuta tante volte in questo anno giubilare «siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso» può correre il rischio di diventare un’espressione che ripetendola diventa un po’ noiosa e non ci permette di andare in profondità, ma può anche essere che, per alcuni, il ripetere costantemente questo invito diventi l’occasione per andare in profondità, per fare diventare sempre di più sua questa parola.
Chiediamo al Signore che la misericordia sia prima di tutto un’esperienza che viviamo per poi poterla regalare agli altri.
Preghiamo anche per il Santo Padre che si trova oggi in Azerbaijan, una visita in una comunità che per la grandissima parte non è cristiana. Anche in questi giorni il Papa ha offerto parole chiare circa quel progetto di Dio sull’umanità che vede l’unione tra l’uomo e la donna la prima comunità benedizione di Dio, immagine di Dio. Poi le parole chiare sui processi di pace che devono coinvolgere tutti, non solo la buona volontà di chi mette in gioco la propria vita per i più deboli ma anche chi ha responsabilità più grandi. L’invito poi all’unità, perché tutti coloro che si riconoscono credenti nel Dio di Gesù Cristo, siano più uniti e sappiano superare quelle divisioni che storicamente ci hanno tenuti lontani ma che oggi ci chiedono di essere insieme per dire una parola di Vangelo che parli ad ogni uomo, anche a chi è distratto o ostile.
Oggi è anche la festa degli angeli custodi, da qualche tempo è abbinata anche alla festa dei nonni. Noi come cristiani ricordiamo i nonni in particolare quando facciamo memoria dei Santi Gioacchino e Anna, genitori di Maria, ma cogliamo questo invito che ci viene dal mondo civile a guardare con grande stima a tutti i nonni. Preghiamo per coloro che hanno la grazia di essere nonni: non sono solamente un importante e fondamentale supporto sociale, le famiglie ne possono godere del loro servizio, della loro presenza; i nonni possono essere dei maestri di vita, possono attingere alla loro esperienza umana, cristiana e insegnare ai piccoli e non solo ai piccoli nipoti, strade di vita quotidiana e là dove è possibile, strade di Vangelo. Ringraziamo allora per tutti coloro che hanno questa grazia. Il Signore li benedica e siano capaci nella loro quotidianità di insegnare vie di misericordia ai loro nipoti.
Commenti
Posta un commento