4 febbraio 2018 - Penultima dopo l'Epifania


«Voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti».
Amore e conoscenza di Dio sono il cuore del rapporto con il Signore. Spesso può accadere che invece il nostro rapporto con Lui sia legato alla formalità dell’osservanza della Legge, dei comandamenti, più per timore che per amore. Certo alle spalle abbiamo una tradizione che ci ha portato a conoscere un Dio che sempre misura la nostra vita, che la mette alla prova, che chiede conto della nostra esistenza. Abbiamo conosciuto il volto di Dio che ti manda all’inferno perchè non rispetti le regole, i comandamenti; certo abbiamo alle spalle un’esperienza del perdono di Dio legato unicamente al poter ricevere l’Eucaristia e non come invece l’abbraccio di un Padre che ti riaccoglie. Tutto questo è vero ma l’annuncio del Vangelo, l’annuncio della misericordia di Dio in Gesù Cristo ci parla di un volto di Dio diverso, che non ci mette al sicuro e non ci fa pensare che in fondo non dobbiamo chiedere perdono perchè siamo abbastanza giusti, perchè non abbiamo nulla di cui chiedere perdono perchè c’è sempre qualcuno peggio di noi. Così spesso ci troviamo a rimandare l’incontro con il perdono di Dio, pensando che non facciamo cose gravi, “non rubo, non uccido… perchè chiedere perdono?”. Se ci pensiamo bene nella nostra vita quotidiana tante volte sono piccole incomprensioni che ci dividono: è una parola detta in malo modo, una cosa fatta male e ci troviamo ad essere divisi con qualcuno perchè all’inizio c’è stato qualcosa di così piccolo e insignificante. Così il volto di Dio si allontana da noi perché non abbiamo l’umiltà di andare da Lui e dirgli “Signore, la mia vita è questa, la fragilità e il desiderio che però si esaurisce come la rugiada, però io voglio dirti che cerco di accogliere il tuo amore, cerco di viverlo, di farlo diventare mio anche se mi ritrovo sempre a fare gli stessi errori”. A volte dico alle mamme “se il tuo bambino ad un certo punto non venisse più a dirti le piccole cose che fa e le dicesse alla zia o alla vicina di casa, tu come ci rimarresti?”, “male”. Così anche il Signore: quando non andiamo da Lui a chiedere perdono, quando pensiamo di non averne bisogno ci allontaniamo da Lui. La domanda che ho nel cuore è questa: quando ho fatto veramente esperienza dell’essere perdonato? Quand’è l’ultima volta che mi sono sentito come questa donna che sente su di sé una parola così buona che rompe ogni pre-giudizio, ogni giudizio? Quando mi sono sentito veramente risollevato dalla mia fatica? Se non ne sento il bisogno devo domandarmi qual è il volto di Dio che ho nel cuore? Chi è il Dio di Gesù Cristo per la mia esistenza? È l’amore, la conoscenza di Lui il cuore dell’esperienza della fede, tutto il resto viene dopo. Se io amo qualcuno sono disposto a fare cose impensabili; se io sento di appartenere a qualcuno quando manco ne soffro. E invece ci troviamo a vivere l’Eucaristia senza questa intensità, obbedienti a un precetto, ligi a un dovere ma poi basta poco per trovare la motivazione per non esserci. Così vale anche per gli altri sacramenti. Oppure ci sono con tutta la mia presenza, con tutta la mia fedeltà ma il cuore è lontano perchè non ho fatto esperienza di quell’abbraccio del Padre che ti accoglie anche dopo che ti sei smarrito lontano, anche quando gli hai detto “di te non mi interessa nulla”. Gesù ci parla di un Dio così, di un pastore che va a cercare l’unica pecorella smarrita, di un Dio che è venuto per i malati, per coloro che non ce la fanno. A volte mi domando come starei di fronte a qualcuno che ha sbagliato tanto, pubblicamente? Mi sentirei giudice? Penserei che in fondo c’è sempre qualcuno peggio di me?
Gesù invece è venuto a parlarci dell’amore in modo concreto e la concretezza passa proprio attraverso il Perdono: io per Dio non sono mai la somma dei miei errori, non sono mai la somma dei miei fallimenti, dei miei propositi mancati, neanche delle mie buone intenzioni che non si realizzano. Io sono sempre figlio e non sono chiamato ad essere migliore di un altro ma unicamente ad essere figlio. Non perfetto ma pentito.
Allora oggi noi vogliamo chiedere al Signore che questa esperienza della divina clemenza per noi non sia solamente una parola che risuona ma che poi non arriva al cuore. Troviamo il modo per vivere veramente il rapporto con la riconciliazione, con la misericordia. Chiediamo al Signore il coraggio di fare esperienza, di trovare il tempo per creare un dialogo con un buon confessore che mi aiuti sempre di più a scoprire che il sacrificio, l’olocausto, tutto ciò che è comandamento è vero nel momento in cui nasce un rapporto di amore con colui che me lo indica.
Oggi la Chiesa italiana vive la “Giornata in difesa della vita”. Sono molte le manifestazioni che vengono proposte, anche iniziative concrete. I vescovi italiani, prendendo spunto dalla predicazione di Papa Francesco ci indicano che il Vangelo della vita è fondamentalmente imparare il linguaggio di Gesù e viverlo nella quotidianità. L’accoglienza della vita, da quando si forma nel nascondimento del grembo di una donna a quando si rivela nella faticosa malattia di un anziano, merita tutta di essere custodita. Non ha colori la vita, non ha culture la vita. È sempre un dono e avere un giorno nel quale ci fermiamo tutti e guardiamo con maggiore stima questa realtà che tutti c condividiamo significa innanzitutto domandarci Che sguardo ho sulla mia vita e sulla vita degli altri? È unicamente quando io apprezzo la mia esistenza e quella di chi mi sta vicino allora posso avere uno guardo che si allarga oltre e si fa prossimo anche ai bambini che non conosco, a quanti sono disabili o nella malattia, a quanti sono migranti o rifugiati. Solamente quando io apprezzo il dono allora il mio sguardo si allarga e divento generoso, disponibile, accogliente. Il Signore oggi ci doni di fare esperienza del suo perdono e di imparare un pochino di più il linguaggio del Vangelo. Allora, ne sono certo, nella nostra semplicità tutti noi saremo capaci di custodire maggiormente questo dono, non lo daremo per scontato, lo apprezzeremo coltamente, sapremo ringraziare e faremo di questa gratitudine davvero una forma costante di accoglienza, di difesa, di promozione della vita. 

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