Seconda domenica di Quaresima, 5 marzo 2023 - Il luogo della preghiera secondo la verità di Dio è stare alla presenza di Gesù


Abbiamo iniziato la nostra Quaresima chiedendo al Signore che sia Lui ad insegnarci a pregare. La prima settimana di questo tempo che ci condurrà alla Pasqua di Risurrezione è stato caratterizzato da diversi momenti che hanno sottolineato l'importanza di dare tempo al Signore per creare con Lui una relazione autentica di dialogo. Questa relazione la chiamiamo preghiera.

Il Vangelo ci viene in aiuto in questo itinerario sulla preghiera, per questo ci soffermiamo su un unico passaggio del testo. Nel dialogo che Cristo ha con la samaritana presso il pozzo di Giacobbe, a un certo punto la donna comprende che Gesù non è un comune viandante venuto a riposarsi presso il pozzo. Ella scopre che egli è un profeta. I profeti fanno parte della tradizione e della storia del popolo d’Israele. Sono loro a parlare nel nome di Dio e a guidare il popolo di Dio lungo il cammino della comprensione di Dio che è redentore perché imparino ad adorarlo. Ma cosa significa il verbo adorare? Indica una pratica antica: era l'atto di riverenza che si faceva verso una persona o cosa degna di rispetto, dinanzi alla quale ci si trovava, inchinandosi leggermente toccando con la mano destra l'oggetto della propria riverenza, mentre la mano sinistra si portava alla bocca baciandola per poi agitarla verso oggetto che si intendeva onorare. È per questo che la donna dice: “I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare” (Gv 4, 20). Queste parole fanno eco al diverbio che opponeva i Samaritani ai Giudei circa il Tempio, circa il luogo del vero culto. Gesù confida a quella donna, straniera, peccatrice, per qualche aspetto anche ostile una delle più grandi verità del Vangelo: l’adorazione di Dio non dipende dal luogo, dal tempio costruito dalle mani degli uomini; lo Spirito Santo stesso edifica questo tempio intimo in ogni uomo che cerca sinceramente Dio e che non chiude il cuore alle mozioni interiori della grazia. 

Per noi adorare significa stare alla presenza di Dio, in silenzio. Così in realtà, ovunque essa accada, l‘essenza della preghiera è adorare «in spirito e verità» (Gv 4,23), entrare e rimanere nel rapporto con Dio Padre, nello spazio dello spirito e della verità, aperto da Gesù. Pertanto il luogo in cui pregare è dove accade un vero incontro tra Dio e l‘uomo. Per questo può essere dovunque e ci può accompagnare ovunque noi siamo.

È possibile individuare il luogo della nostra preghiera? Due aspetti ci possono essere utili nella ricerca: la verità di noi stessi e la verità di Dio. 

La verità di noi stessi è la nostra autenticità. Negli incontri di Gesù   raccontati dal Vangelo tutti i suoi interlocutori si mostrano per quello che sono, nessuno nasconde la sua identità. Come abbiamo ascoltato quando Gesù chiede alla samaritana di andare a chiamare suo marito. Ella non fugge dalla sua condizione, non nega la sua fragilità.

Così è per ciascuno di noi. La «stanza segreta» della nostra esistenza non è il luogo magico dell‘incontro, ma dove siamo autenticamente noi stessi. È importante ricordarlo, soprattutto quando diviene difficile pregare o pensiamo di non esserne capaci, ci pare di non essere nella giusta condizione (non me la sento) e di sentirci troppo lontani, indegni.
D‘altra parte, per abitare il luogo della nostra preghiera è importante anche un secondo aspetto, quello della verità di Dio. Pertanto, entrare in preghiera, ovunque noi siamo, significa anche avere la consapevolezza di non stare alla presenza di qualcosa di immaginario e sconosciuto. È bene domandarci: «qual è il volto di Dio che ho nel cuore? Quando mi metto in preghiera davanti a chi credo di stare?».

Il luogo della preghiera secondo la verità di Dio è stare alla presenza di Gesù, entrare in colloquio con lui. Essa può accadere ovunque noi ci troviamo: in auto mentre andiamo al lavoro, mentre lavoriamo, mentre attendiamo... La strada, la casa, le relazioni sono le coordinate della nostra vita. Lì accade il possibile incontro con Dio.

Tuttavia è importante avere punti di riferimento, più o meno vicini per custodire la preghiera. È interessante osservare che a memoria perenne dei luoghi dell'incontro con Dio, Abramo erigeva un altare (cfr. 12,7; 13,18). Nei luoghi dove una parola di Dio lacerava il silenzio, illuminando la storia vissuta, Abramo poneva una pietra a perenne memoria del colloquio avvenuto, di una parola indimenticabile. Così accade anche a ciascuno di noi. Esistono per ciascuno luoghi dello Spirito, ordinari come la nostra chiesa parrocchiale o straordinari (ieri un gruppo di pellegrini si è recato in pellegrinaggio sulla tomba di san Riccardo Pampuri) che si potranno frequentare; luoghi dove abbiamo respirato e potremo respirare l‘ospitalità evangelica del sentirsi a casa, nel grembo di Dio.

Esemplifico quanto vi ho detto con un racconto che credo già conosciate:

Nella vita del Santo Curato d'Ars si racconta di un contadino che, ogni giorno e alla stessa ora, entrava nella chiesa parrocchiale, e si sedeva nell'ultimo banco. Non aveva libri di preghiere con sé perché non sapeva leggere; non aveva tra le mani nemmeno la corona del rosario. Ma ogni giorno, alla stessa ora, arrivava in chiesa e si sedeva nell'ultimo banco...e guardava fisso il Tabernacolo.

San Giovanni Maria Vianney, incuriosito da quel modo strano di fare, dopo aver osservato quel suo parrocchiano per qualche giorno, gli si avvicinò e gli chiese: "Buon uomo...ho osservato che ogni giorno venite qui, alla stessa ora e nello stesso posto. Vi sedete e state lì. Ditemi: cosa fate?".

Il contadino, scostando per un istante lo sguardo dal Tabernacolo rispose al parroco: "Nulla, signor parroco...io guardo Lui e Lui guarda me". E subito, riprese a fissare il Tabernacolo.

Il santo Curato d'Ars descrisse quella esperienza come una tra i più alti segni di fede e di preghiera.

Torniamo a dedicare tempo alla preghiera, nel segreto della nostra stanza ma ancora meglio mettendoci alla presenza di Dio. Portiamo davanti al Signore anche tutti coloro che per diversi motivi non possono celebrare in Chiesa l'Eucaristia o fare una "visita eucaristica". 

Il tempo dedicato alla preghiera non è mai un tempo perso, custodiamolo con tutto l'amore di cui siamo capaci.

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